Molti futurologi dicono che il loro lavoro non è prevedere il futuro ma osservare il presente con capacità di speculare sui prossimi 25-30 anni. Il talento di andare e venire continuamente dal futuro al presente li rende ambasciatori del nuovo ruolo che ci spetta, unico animale che da sempre si è profondamente e continuamente automodificato per adattarsi all’ambiente. A novembre dell’anno scorso, il Council of Foreign Relations, un ente privato americano che chiama a raccolta l’imprenditoria e l’intellighenzia del paese nell’analisi dei problemi globali che possono influire sulla politica estera degli USA, ha ospitato Ray Kurzweil. Questo signore – grande inventore, pensatore, futurologo – dal 2012 è Director of Engineering per Google, cioè in pratica coordina il think tank di Google che si sta occupando di intelligenza artificiale.
Il Wall Street Journal l’ha definito “the restless genius” (il genio instancabile) e per Forbes è il degno erede di Thomas Edison. Kurzweil ha spiegato dove siamo sulla linea esponenziale dell’evoluzione biologica e dello sviluppo tecnologico (che lui interpreta come ulteriore espressione della nostra evoluzione biologica) e a quanta distanza siamo da un essere umano non esclusivamente biologico, nel cui cervello dei nanorobots colleghino la neocorteccia cerebrale al cloud, potenziando le capacità biologiche.
Prima di tutto ha cercato di spiegare quello che nel settore viene definita singolarità, cioè quel colpo di reni della tecnologia che fa un balzo talmente lontano da non permetterci di seguirla. Questo balzo è dato dall’andamento del progresso tecnologico che, nella sua curva di crescita non sale linearmente ma, appunto, esponenzialmente. Il nostro cervello, però, ancora totalmente biologico, ragiona in modo lineare. Sceglie in modo lineare. Giudica in modo lineare. Da qui l’incapacità di seguire il progresso tecnologico.
Kurzweil fa un esempio perfetto quando racconta che a metà del percorso del Progetto Genoma, il cui obiettivo era identificare e mappare tutti i geni che costituiscono il genoma umano, i detrattori sostenevano che fosse una chimera, una pura follia, considerato che in 7 anni era riuscito a raccogliere solo l’1% del totale. Di questo passo ci vorranno 700 anni…
Qui si coglie la differenza tra il modo di pensare lineare e quello esponenziale. Ray Kurzweil reagì eccependo che se i parametri erano quelli, 1% dopo 7 anni, si trovavano a buon punto, «siamo a una distanza di soli 7 raddoppi…» E così fu, 7 anni dopo si raggiunse il 100%. Alla crescita esponenziale del progresso tecnologico, Kurzweil giustappone in modo interessante la decrescita del costo dei prodotti elettronici, valutando al 50% l’inflazione del settore informatico: oggi si può comprare la stessa capacità di calcolo, di comunicazione, di sequenza genetica di un anno fa alla metà del costo. Quindi il progresso tecnologico galoppa mentre il costo dei prodotti frutto di questo progresso si dimezza di anno in anno. Inoltre, buona parte del valore di questi prodotti non viene conteggiata nelle statistiche della produttività finanziaria del settore tecnologico perché gratuita.
L’acquisto di uno smartphone per 75 dollari viene registrato come attività economica da 75 dollari, ignorando, in termini di monetizzazione, i milioni di dollari di informazioni gratuite messe a disposizione con le App. È il valore intangibile dell’open source.
PREOCCUPAZIONI ETICHE E RISCHI SOCIO ECONOMICI
Kurzweil scomoda addirittura il lemma comunista, da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni per dimostrare come la combinazione open source (cioè gratuità di molti avanzamenti tecnologici), deflazione dei costi e progresso esponenziale tecnologico esprima un concetto democratico di miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo, alla portata di tutti.
E sostiene che nei primi anni del secondo ventennio del 2000 ci produrremo autonomamente i vestiti che vogliamo con stampanti 3D e design open-source. Esisteranno ancora gli stilisti e la moda, come continueranno ad esistere i libri, la musica e il cinema. Ma tanti oggetti di tutti i giorni verranno autoprodotti con stampanti 3D.
Anche il cibo potrà essere autoprodotto attraverso l’agricoltura verticale sui tetti dei condomini, con agricoltori condivisi che se ne occuperanno, oppure con l’agricoltura idroponica, fuori terra. E gli edifici “assemblati” in pochi giorni grazie al disegno e la stampa 3D di moduli di costruzione stile Lego. L’intelligenza artificiale e le nanotecnologie, la genetica e la robotica, non devono perciò far pensare a un’invasione di alieni. Le macchine intelligenti che costruiamo e costruiremo, saranno al servizio dell’uomo, secondo Kurzweil e i suoi colleghi, non il contrario. Perché è l’intelligenza dell’uomo che saprà usarle come strumenti per migliorare le proprie capacità.
AVANZAMENTO TECNOLOGICO, DEFLAZIONE DEI COSTI E SOFTWARE OPEN SOURCE: IL TRINOMIO VINCENTE
Ciò nonostante, Kurzweil condivide le preoccupazioni di ordine etico e invita a fare ciò che venne fatto a suo tempo per le biotecnologie: stabilire le linee guida e aggiornarle via via che il progresso tecnologico alza l’asticella. In questo modo, dalla prima conferenza sui temi etici delle biotecnologie 40 anni fa, le stesse sono progredite senza che nessuno si sia fatto male.
Secondo Luciano Floridi, Professore di Filosofia ed Etica a Oxford, il circolo virtuoso prevedere che il business assuma vincoli impostigli dalla legge, che a sua volta è vincolata dagli imperativi etici. Questi però si devono sedere al tavolo in cui verranno decise le policies fin dal primo giorno, quando cambiare il corso di un’azione o di una decisione è ancora fattibile a costi accessibili.
Testo a cura di Emanuela Notari per Mente e Finanza
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