Nelle ultime settimane il fronte del coronavirus ha rallentato in Europa e in gran parte dell’Asia. Anche negli Stati Uniti, la tendenza dei nuovi contagi e dei decessi ora punta verso il basso. Questo trend ha stimolato in modo significativo i mercati finanziari e sta consentendo il primo allentamento evidente delle contromisure in molti paesi.
In particolare sui mercati azionari, l’indice azionario S&P500 ha ridimensionato le perdite da inizio anno a meno del 10%, mentre il Nasdaq è di nuovo in territorio positivo, così come alcuni settori, tra cui quello dei titoli health care.
Guardando solo a questi livelli di prezzo, non si direbbe che il tasso di disoccupazione statunitense sia appena esploso, passando dal livello minimo degli ultimi 50 anni ai massimi degli ultimi 90 anni, e che gran parte dell’economia stia lottando con le conseguenze della pandemia e dei conseguenti blocchi imposti in tutto il mondo.
Si potrebbe pensare che i titoli statunitensi abbiano scontato la peggiore recessione degli ultimi decenni ancora prima che iniziasse, ma questo è vero solo in parte. In effetti, sono soprattutto le enormi iniezioni delle banche centrali globali a guidare i prezzi sui mercati finanziari. Uno sguardo ai soli indici USA (che sono dominati più che mai da alcuni titoli tecnologici) oscura anche il fatto che, anche negli Stati Uniti, un gran numero di titoli sono lontani dai loro massimi – in particolare quelli delle società più piccole e orientate al mercato interno.
Anche fuori dagli USA la ripresa è stata forte in molti luoghi ma senza avvicinarsi alla dinamica dei mercati azionari americani. L’indice mondiale MSCI World deve ancora affrontare importanti ostacoli tecnici.

Crescente ottimismo su una rapida e vigorosa ripresa

In generale, l’anno 2020 è già stato contrassegnato come un “anno perduto” per gli utili aziendali e l’attenzione si concentra ora sull’attesa di un forte recupero (“a forma di V”) degli utili societari nel 2021 e nel 2022. Almeno questa è la narrativa più diffusa e che non è priva di una certa logica. Il punto cruciale è, tuttavia, che gli scenari economici per i prossimi anni sono tutt’altro che sicuri. Molti scenari di ripresa diversi rimangono possibili e plausibili, anche quelli meno ottimistici della tanto citata curva a “V”. Ad esempio, nessuno può dire quali conseguenze a lungo termine avrà l’attuale crisi sulle economie e sulle aziende. Molto dipenderà da quanti e quali posti di lavoro verranno effettivamente persi solo temporaneamente e da quanti posti di lavoro e aziende semplicemente non esisteranno più, nonostante tutti i programmi di aiuti pubblici. La perdita di reddito e quindi il crollo della domanda di un soggetto si traduce generalmente nella perdita di fatturato per un altro. È ancora difficile fare previsioni affidabili sullo scenario definitivo, anche se si presume ottimisticamente che le economie ripartiranno gradualmente e che non vi saranno ricadute importanti relativamente agli scenari di “lockdown”.
In ogni caso, nel breve termine, le oscillazioni e la volatilità sui mercati finanziari non si fermeranno e la ripresa dei titoli azionari diventerà sempre più difficile.

L’Europa e il nuovo programma PEPP

Per quanto riguarda la zona euro, non può mancare un breve commento sull’ultima sentenza della corte costituzionale federale tedesca di Karlsruhe. Sebbene questa crei molte discussioni sui media, ha influenzato relativamente poco i mercati. Nelle prossime settimane probabilmente ci sarà molto di più da ascoltare e leggere sui poteri legali degli Stati membri nei confronti dell’Unione Europea e sul potenziale di una crisi costituzionale europea a causa del conflitto tra il più alto tribunale tedesco e il più alto tribunale dell’UE. Tuttavia, l’intera situazione è al momento ampiamente senza conseguenze per i mercati finanziari, soprattutto perché la domanda immediata della suprema corte tedesca può probabilmente essere soddisfatta in modo relativamente semplice.
La Banca Centrale Europea dovrebbe continuare ad attuare le misure di allentamento quantitativo – che Karlsruhe ha in linea di principio accettato – e il nuovo programma PEPP (ovvero “programma di acquisto di emergenza pandemica”) non è per ora in pericolo. Al di là delle soluzioni pragmatiche, l’attuale, più profondo conflitto sulla futura configurazione dell’Europa è più difficile. Che la Commissione Europea (in risposta al giudizio di un tribunale indipendente dal governo) stia al momento prendendo in considerazione una procedura di infrazione contro il governo federale tedesco appare politicamente discutibile nel contesto attuale. Per i mercati finanziari, tuttavia, questo non è che un problema marginale.

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