Il mondo rischia sempre più di essere soffocato dai rifiuti che produce, o meglio, prodotti dagli uomini. Viviamo in una società “usa e getta”, dove le riparazioni non hanno più alcuna rilevanza e molti componenti dei nostri rifiuti non si decompongono più.
Anche in passato si producevano rifiuti, ma negli ultimi decenni la quantità e la composizione dei rifiuti è cambiata. Una parte sempre più grande dei nostri rifiuti non si decompone più in modo naturale. Una parte di essi è addirittura tossica.
Tra i concetti utili a ridurre le montagne di rifiuti rientrano la cosiddetta economia circolare, il sistema dei vuoti a rendere, il riutilizzo di prodotti e servizi tramite il leasing o nell’ambito di un’economia condivisa, la limitazione del numero dei materiali utilizzati e la rinuncia ai materiali compositi. L’incremento esponenziale della popolazione globale rischia tuttavia di rendere vani gli sforzi su cui società civile e classe politica si stanno impegnando maggiormente negli ultimi anni, ovvero la riduzione della produzione di rifiuti (più in generale, la riduzione di agenti inquinanti e del consumo di risorse).
Quali tipologie di rifiuti destano maggiori preoccupazioni?
Oltre ai rifiuti di plastica, anche le microplastiche e i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche rappresentano un problema, e non necessariamente per la loro tossicità, ma a causa della loro crescita esponenziale.
Le microplastiche sono ritenute particolarmente pericolose. A causa delle loro piccole dimensioni, la maggior parte degli impianti di depurazione non è in grado di filtrare le microplastiche dalle acque reflue, cosicché i pezzettini di plastica finiscono in mare attraverso i sistemi fluviali. Lì, nell’ambiente marino, sostanze altamente tossiche possono aggregarsi alle particelle di microplastica. La fauna marina scambia la microplastica per cibo, entrando quindi in contatto con le particelle tossiche, ingerendole. In questo modo, gli inquinanti entrano nella catena alimentare.
I rifiuti elettronici. A livello mondiale, si stima che vengano prodotti circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche ogni anno, con una netta crescita a due cifre. Questi sono rappresentati, oltre che dagli elettrodomestici e dagli impianti di illuminazione, soprattutto dalle apparecchiature per le comunicazioni (computer, stampanti, smartphone, tablet, PC) e dalle apparecchiature dell’elettronica di consumo (televisori, lettori dvd, console per videogiochi). In linea di principio, potrebbe valer la pena riciclare i rifiuti elettronici, dato che quasi la metà di uno smartphone è composto da metalli con i quali si potrebbe guadagnare lucrando prezzi interessanti per le materie prime in essi contenuti (soprattutto rame, cobalto, argento, oro e palladio).
Oggi tuttavia i costi per la separazione dei materiali sono ancora elevati, senza trascurare che questi rilasciano anche sostanze tossiche come piombo e cadmio (nelle batterie) o bromo (nei ritardanti di fiamma). Opportunità emergono dalle nuove normative sui rifiuti elettronici, che puntano ad una riduzione delle esportazioni e a promuovere iniziative di riciclaggio nei paesi industrializzati.
Come si valuta l’impatto del tema dei rifiuti di plastica (e non) sulla sostenibilità?
L’importanza del tema dei rifiuti non deve essere sottovalutata dal punto di vista ambientale. Il costante aumento della quantità di rifiuti è una tendenza che difficilmente può essere attribuita a un singolo settore o a una singola azienda. Le montagne di rifiuti del nostro tempo sono piuttosto l’espressione di un approccio non sostenibile a livello globale.
I rifiuti di plastica e le microplastiche sono tra i problemi ambientali più gravi. I rifiuti elettronici provocano diversi danni ambientali, come lo smaltimento dei metalli, il trasporto di rifiuti elettronici, il loro stoccaggio improprio e il riciclaggio dannoso per l’ambiente. Dal punto di vista sociale, in relazione ai rifiuti di plastica sorge la domanda: quanto l’uomo stesso possa essere contaminato a causa dei danni subiti dall’intera catena alimentare.
Le attività di riciclaggio legate ai rifiuti elettronici nei paesi emergenti e in via di sviluppo avvengono spesso senza le opportune protezioni dalle sostanze pericolose, in alcuni casi a ciò è anche associato il lavoro minorile. Dal punto di vista della governance, in materia di plastica e microplastica ci si concentra sull’impegno volontario delle aziende di interrompere l’utilizzo di microplastiche. Si potrebbe anche creare un quadro giuridico, bandendo la plastica e la microplastica. Per quanto riguarda i rifiuti elettronici, la restrizione all’esportazione di tali rifiuti è stata stabilita nel 1989 nell’ambito della “Convenzione di Basilea” per la circolazione transfrontaliera dei rifiuti pericolosi e il loro smaltimento.
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