I mercati azionari dei paesi emergenti hanno iniziato l’anno con guadagni molto forti. A livello globale hanno guadagnato in media circa l’8% e sono dunque cresciuti più dei mercati azionari sviluppati (circa il 7%). Anche i mercati obbligazionari dei paesi emergenti hanno registrato dei guadagni, non così alti, ma comunque molto forti. Questi rialzi sono stati accompagnati e supportati da un nuovo indebolimento del dollaro USA. Il sentiment degli investitori è nettamente migliorato negli ultimi due o tre mesi. Ciò si è visto anche nei flussi di capitale verso i mercati emergenti (EM), che nelle ultime settimane sono stati positivi sia per le azioni sia per le obbligazioni. La domanda che si pone ora è se i movimenti al rialzo degli ultimi mesi rappresentino l’inizio di una svolta verso l’alto di lungo periodo o se si tratti semplicemente di una ripresa temporanea.
Per cominciare: ci sono buoni argomenti a favore di entrambi gli scenari, ma i fattori fondamentali attualmente non sembrano ancora supportare ulteriori forti guadagni dei corsi. Tuttavia, non sarebbe la prima volta che i mercati ignorano inizialmente i dati fondamentali o anticipano già le inversioni di tendenza prima ancora che queste siano anche solo minimamente visibili. I movimenti dei corsi e i dati economici dei prossimi due o tre mesi decideranno con quale dei due scenari avremmo a che fare. Dovremmo quindi ottenere relativamente presto maggiore chiarezza al riguardo.
UE e USA: Ultimamente la congiuntura è migliore del previsto
La zona euro è probabilmente riuscita a evitare una recessione, almeno per il momento, soprattutto grazie a un inverno finora abbastanza mite. Va notato, tuttavia, che alla fine è abbastanza irrilevante se la crescita economica reale in un trimestre sia del +0,1% o -0,1%. Fatto sta che la congiuntura dell’Unione Europea ha, tuttavia, tenuto un po’ meglio del previsto. Lo stesso vale per gli USA nel quarto trimestre del 2022, e anche gli ultimi dati sul mercato del lavoro della più grande economia del mondo hanno dipinto un quadro economico ancora una volta molto solido. Tuttavia, nessuno dei due può cambiare il fatto che i segnali indicano ancora un rallentamento dell’economia nei prossimi trimestri. Non bisogna tralasciare il fatto che l’inasprimento monetario dell’anno passato mostrerà i suoi effetti sull’economia reale solo con un certo ritardo.
Inflazione: per ora il picco sembra essere superato
I dati sull’inflazione stanno sempre più dimostrando che l’inflazione ha superato il picco e che nei prossimi trimestri si può prevedere quasi ovunque un calo dell’inflazione (a condizione che non si verifichino nuovi shock sul fronte dell’offerta). Questo, unitamente alla prospettiva di una possibile fine più veloce dei rialzi dei tassi d’interesse, sono stati i fattori trainanti degli aumenti dei corsi sui mercati azionari e obbligazionari. Il movimento al rialzo è stato ulteriormente alimentato dalle ricoperture dello scoperto (cioè riacquisti di azioni precedentemente vendute) nonché dall’ingresso più o meno volontario di molti investitori che a inizio anno erano ancora relativamente poco investiti e avevano puntato su prezzi di acquisto più bassi in primavera. Tuttavia, c’è il rischio che gli operatori di mercato, nel frattempo, siano troppo ottimisti per quanto riguarda la fine dei rialzi dei tassi d’interesse e dei successivi tagli dei tassi.
Tassi d’interesse più alti più a lungo?
Nonostante i previsti cali è probabile che l’inflazione negli USA e in Europa rimanga ben al di sopra degli obiettivi delle banche centrali anche alla fine del 2023. Inoltre, al di là dei problemi nelle catene di approvvigionamento e della domanda arretrata dovuta alla pandemia da coronavirus e alla geopolitica, vi sono alcune indicazioni che in futuro avremmo a che fare con un’inflazione strutturalmente più alta rispetto agli ultimi due decenni. Le conseguenze potrebbero essere, tra l’altro, un aumento permanente dei rendimenti nominali e costi di rifinanziamento maggiori, il che potrebbe, soprattutto negli USA, portare anche a rapporti di valutazione più bassi sui mercati azionari (per esempio, rapporti prezzo-utile più bassi) di quanto gli operatori di mercato siano disposti a pagare.
Nuovo mercato Toro o rally del mercato Orso?
Il calo dell’inflazione negli USA, l’indebolimento del dollaro e la veloce “riapertura” dell’economia cinese, nonché un quadro tecnico positivo forniscono validi argomenti per ritenere che l’attuale movimento al rialzo nei mercati azionari emergenti possa durare. Tuttavia, ci sono anche degli argomenti contrari molto importanti. Probabilmente quello che pesa di più è il forte sincronismo del ciclo congiunturale globale del settore manifatturiero con i corsi delle azioni dei mercati emergenti. L’indice dei direttori d’acquisto proprio di questo settore manifatturiero è nettamente al di sotto dei 50 punti e implica dunque una contrazione piuttosto che un’espansione.
La nuova ripresa della Cina viene sopravvalutata?
Diversi indicatori in Cina suggeriscono inoltre che ci sarà un certo boom dell’economia interna, specialmente dei servizi e in particolare del turismo. Ma è probabile che le aree molto più importanti per l’economia globale e gli altri paesi emergenti, come le esportazioni e gli investimenti nel settore manifatturiero, subiranno una contrazione piuttosto che un’espansione. I costi di trasporto globali e le esportazioni asiatiche sono in calo. E non è tutto oro quel che luccica nemmeno sul fronte dell’inflazione globale. La tendenza disinflazionistica iniziata ora è in prima linea il risultato di una domanda globale in calo a seguito di un’offerta più ampia. Questo indica un nuovo rafforzamento del dollaro USA (che in generale si muove in direzione opposta rispetto alla dinamica congiunturale globale) e corsi azionari più bassi. Inoltre, di recente sembrano aver avuto un’altra svolta anche i flussi di capitale nelle azioni dei mercati emergenti.
È dunque chiaro che l’attuale ripresa dei corsi delle azioni dei paesi emergenti sarà sostituita da una nuova spinta al ribasso verso nuovi minimi? Assolutamente no. È senz’altro possibile che i mercati azionari emergenti “oltrepassino” i dati fondamentali inizialmente ancora deboli e puntino già a una successiva ripresa economica. In uno scenario del genere, i corsi delle azioni EM dovrebbero riuscire a superare in modo duraturo importanti resistenze chiave nelle prossime settimane. Se dovesse verificarsi una tale rottura verso l’alto, si tratterebbe di un segnale forte, anche se non una garanzia, che fra poco i dati fondamentali confermino l’aumento dei corsi. Se questa rottura al rialzo non dovesse riuscire, è probabile che la fase di consolidamento delle azioni dei mercati emergenti continui ancora per un periodo più lungo.
Più chiarezza nei prossimi mesi?
Nel complesso, si può osservare che l’attuale movimento al rialzo delle azioni dei paesi emergenti non è (ancora) supportato dai dati fondamentali e pertanto è soggetto a forti correzioni. Allo stesso tempo, però, vi è la realistica possibilità che i corsi stiano già anticipando qualcosa che si manifesterà nei fondamentali nei prossimi trimestri. L’andamento dei corsi nei prossimi due o tre mesi dovrebbe indicare abbastanza chiaramente per quale scenario propendano i mercati e dove è più probabile che il viaggio condurrà nel medio e lungo periodo
Testo a cura del Team Cee & Global Emerging Markets Raiffeisen Capital Management
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