Le analisi dei comportamenti umani in campo finanziario negli ultimi anni hanno fatto diversi passi in avanti e sono diventati la base di partenza su cui aziende del settore e istituzioni hanno fatto leva per lanciare nuovi prodotti e nuove normative. E ora il mercato è pronto a fare un altro passo in avanti.

Quando si parla di investimenti gli italiani preferiscono andare sul sicuro e limitare al minimo i rischi. Basti dire che, dell’ammontare totale dei risparmi tricolore, pari a circa 8 mila miliardi di euro, «stando ai dati della Banca d’Italia, la metà sono investiti in immobili», spiega Paolo Legrenzi, professore emerito di Psico¬logia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia ed esperto di finanza comportamentale. «Dal punto di vista psicologico l’immobile, infatti, è il miglior investimento possibile perché il mattone non ha una stima precisa monitorabile di giorno in giorno come succede con i titoli azionari, e quindi se perde valore nel tempo non ce ne si accorge. Un altro 30% circa del risparmio degli italiani è investito in titoli obbligazionari a reddito fisso; un altro 20% in pronti conto termine e il resto in liquidità per far fronte agli imprevisti della vita». Una distribuzione del portafoglio razionale dal punto di vista della sicurezza, ma irrazionale sotto l’aspetto finanziario. «Il prezzo che paga l’italiano medio per la sua prudenza, infatti, comporta inevitabilmente una perdita sicura», precisa Legrenzi. «Dal 1900 al 2016 incluso, infatti, nei 20 Paesi più importanti al mondo non ci sono mai stati in media 5 anni in cui il rendimento delle azioni sia stato inferiore a quello delle obbligazioni».

Largo ai prodotti comportamentali

Tematiche a cui l’industria finanziaria negli ultimi anni ha fatto riferimento per mettere a punto prodotti in grado di colmare le carenze comportamentali della clientela e di conseguenza di soddisfare al meglio le sue esigenze. Un po’ quello che è successo molto tempo prima nel largo consumo, settore in cui lo studio dei comportamenti e della psicologia dei consumatori sono stati, e tuttora sono alla base del successo delle imprese che operano in questo comparto, oggi addirittura capaci di posizionare sugli scaffali della grande distribuzione prodotti in grado di anticipare le necessità dei consumatori. «L’industria finanziaria e i suoi asset manager, hanno ormai fatto propri gli insegnamenti della finanza comportamentale», interviene Barbara Alemanni, docente di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università di Genova. «Tanto che attraverso la mappatura degli errori più comuni degli investitori, delle loro preferenze e relative incoerenze, dell’analisi degli aspetti connessi alla loro emotività, è nata una intera famiglia di strumenti finanziari di risparmio gestito, ma non solo, che possono essere definiti come “prodotti comportamentali”». Di cosa si tratta? Di strumenti con all’ interno automatismi che consentono di attutire certe inerzie comportamentali del risparmiatore. Ciò significa che è il prodotto a decidere al posto dell’investitore quando e quanto investire o disinvestire. Un meccanismo autonomo che migliora le performance di investimento del risparmiatore.

Lo studio della psicologia come guida per migliorare la normativa

Ma i principi della finanza comportamentale oggi sono molto utilizzati anche dalle istituzioni pubbliche, da chi cioè deve scrivere regolamenti e leggi a tutela degli investitori. E gli esempi non mancano. «Quando nel 2004 è stata scritta la Mifild I, il regolatore europeo usava ancora il paradigma informo di più, tutelo di più, da qui la decisione di imporre agli intermediari finanziari di fornire una massa di informazioni al cliente», racconta Alemanni. «Dieci anni dopo, con la Mifild II, il regolatore si è reso conto che fornire una gran quantità di informazioni a un investitore medio con una bassa educazione finanziaria, se non nulla, spesso creava ancor più confusione e ha cambiato il paradigma», continua Alemanni. Il principio su cui si fonda la nuova normativa, infatti è: tuteli di più se informi meglio, sulla base del quale gli operatori finanziari sono invitati a usare un linguaggio diverso, schemi semplificati per spiegare ai loro clienti i diversi strumenti finanziari e informarli sul loro rischio e sulle eventuali perdite. Un modus operandi nato sulla base dei risultati degli studi di finanza comportamentale, teso a migliorare il rapporto con i risparmiatori per soddisfare al meglio le loro esigenze con prodotti capaci di prevenire i loro errori, gestire le loro ansie e tutelarli.

Da finanza ad assicurazione comportamentale

E sempre con l’intento di migliorare le performance dell’investitore e di indirizzarlo verso una diversificazione intelligente del proprio portafoglio, «oggi anche in Italia si inizia a parlare di assicurazione comportamentale», avverte Legrenzi, che a questa nuova tendenza ha dedicato un intero capitolo del libro Economia nella mente, scritto a quattro mani con Armando Massarenti, filosofo della scienza. Mentre il mondo delle polizze tradizionali si basa su statistiche relative a frequenze di fatti, «l’assicurazione comportamentale ha a che fare con le rappresentazioni degli eventi personali della vita da parte di una singola persona o famiglia», prosegue Legrenzi. «Si è più volte detto che oggi un consulente finanziario deve prendersi cura del “valore totale della persona” e non solo della componente finanziaria che gli è stata affidata. E in una prospettiva più a lungo termine, c’è, poi, un altro fattore a favore della valorizzazione dei beni di una persona nel loro complesso, compresa la motivazione “sicurezza in futuro”, e cioè la funzione previdenziale/assicurativa che fino a ora si è tradotta erroneamente nella strategia di congelare molte risorse liquide a rendimento pressoché nullo, che rischiano di fatto di perdere valore». Il tutto in un momento in cui la vera esigenza è far durare i risparmi più a lungo possibile. «Comportamenti che spianano la strada alla cosiddetta consulenza globale, che non tocca solo gli aspetti consulente/cliente investigati dalla finanza comportamentale, ma anche le proprietà immobiliari e la sicurezza (le assicurazioni in primis, ma non solo), in un ambito nuovo che, appunto, è quello della “assicurazione comportamentale». In Italia su questo tema siamo solo agli esordi. «Sappiamo per esempio che c’è una tendenza a sottoassicurarsi per mille ragioni diverse, non solo comportamentali», spiega Alemanni, «Per questo il primo passo da fare è quello di realizzare una migliore mappatura delle ritrosie comportamentali degli italiani in materia assicurativa con l’obiettivo di portare i risparmiatori a operare correttamente in ambito assicurativo. Il che non significa imparare a scegliere il prodotto giusto, ma adottare una logica di protezione che porti a scegliere gli ambiti giusti dove assicurarsi».

ARTICOLO TRATTO DA MENTE&FINANZA NR1, A CURA DI FOR FINANCE

About the Author

Related Posts

La transizione energetica sta guidando l’economia post pandemica verso le energie alternative e...

L’ultimo a salire sul carro della transizione energetica è stato Warren Buffett, da sempre punto di...

La quarta rivoluzione industriale combattuta sul terreno delle nuove tecnologie stava già ospitando...