Il Real nel 2018 ha già perso il 18% del suo valore contro il dollaro americano, diventando una delle valute più deboli dei mercati emergenti.
I candidati alle elezioni del 7 ottobre 2018 sono oltre dieci, ma se – come è molto probabile – nessuno di loro otterrà la maggioranza assoluta il 28 ottobre 2018 si terrà un ballottaggio tra i due nomi più votati.
In una situazione politica come quella che si è venuta a creare in Brasile, il nodo non è tanto l’elezione del presidente, ma il cambiamento di rotta della strategia economica che il nuovo Governo deve imprimere al Paese. La ragione è semplice: il Paese ha un debito pubblico lordo superiore all’80% che si deve soprattutto ai generosi ammortizzatori sociali, in vigore dai tempi del boom economico recente.
Le misure attese: riforma delle pensioni e abolizioni delle agevolazioni fiscali
Ma non c’è solo questo. Il rapporto debito/PIL è intorno al 50% e non sembra particolarmente elevato. Ecco perché negli ultimi anni la situazione si è fatta preoccupante. Il consenso sulla necessità di rallentare la dinamica negativa del debito è unanime tra i diversi candidati, ma divergono le idee e soprattutto la tempistica con cui devono essere attuate le riforme necessarie.
Tra le misure più attese ci sono: la revisione del sistema pensionistico e l’abolizione delle agevolazioni fiscali speciali per diverse categorie professionali.
Il risultato è un persistente clima di incertezza con forti oscillazioni del Real che, dopo aver beneficiato di un clima di fiducia in seguito al destituzione di Dilma Rousseff, a ottobre 2018 è tornato vicino ai minimi del 2015, poiché le riforme attese non sono state realizzate. La domanda da farsi adesso è se i candidati presidenziali oggi favoriti rappresentino davvero un punto di svolta per l’economia brasiliana. Probabilmente no. Il populista di destra Jair Bolsonaro, ex governatore militare che si distingue per slogan razzisti, omofobi e misogini, è al momento in testa nei sondaggi. È contro l’establishment e usa con successo i social media.
Il suo avversario di sinistra è Fernando Haddad, che non ritiene urgente il taglio della spesa sociale. Il cinquantacinquenne è stato chiamato dal partito laburista (PT) a sostituire l’ex Presidente Luiz Inacio Lula da Silva. Lula, che non può candidarsi perché condannato per corruzione, sostiene la candidatura di Haddad dal carcere, dimostrando che riesce ancora a influenzare gli affari politici del Brasile.
Di fatto, nelle ultime settimane Haddad è riuscito a conquistare una parte sostanziale dei voti potenziali di Lula e si è dato da fare per recuperare terreno.
In corsa c’è è poi Geraldo Alckmin (65 anni) che sembra il meno favorito. Alckim rappresenta la continuità negli sforzi di attuare le riforme e sarebbe il più gradito dai mercati finanziari e attrae principalmente i brasiliani con redditi più alti e gli uomini d’affari.
Anche se per il momento non vi sono indicazioni di un miglioramento significativo per l’economia brasiliana (le previsioni di crescita del PIL nei prossimi anni sono di poco superiori al 2%), resta da vedere come si evolverà lo scenario globale. Ad esempio, nel quadro della guerra commerciale, una crescita della Cina superiore alle attese potrebbe supportare il prezzo delle materie prime, favorendo un effetto positivo sull’economia brasiliana.
Negli ultimi anni, infine, il Brasile è riuscito a ridurre il disavanzo delle partite correnti e anche l’inflazione è tornata ad un livello non preoccupante dopo diversi anni.
Elezioni Brasile: aumentano il rischio e le opportunità
Se il Brasile riuscirà a tenere sotto controllo il proprio debito, il Paese potrebbe presto tornare ad attrarre l’interesse degli investitori valutari. Al momento, tuttavia, la fiducia degli investitori nella volontà di riforma del Brasile è diminuita.
Nei nostri portafogli abbiamo di conseguenza ridotto l’esposizione verso il Brasile sul breve termine e siamo in attesa di buone opportunità di acquisto. Va sottolineato che oggi i tassi di interesse sono in linea teorica attraenti, attestandosi a circa il 10% sotto le attuali prospettive su crescita e inflazione. Tuttavia gli investitori mantengono una certa cautela, poiché la mancanza di chiare previsioni di bilancio impedisce una riduzione del premio di rischio.
Martin Marinov è gestore obbligazionario CEE & Global Emerging Markets di Raiffeisen Capital Management
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