Chi come me si occupa di longevità e di economia della longevità da anni festeggia l’uscita dalle catacombe. La silver economy è sdoganata anche in Italia, tutti ne parlano e i giornali ne scrivono. E nessuno mi guarda più come se per lavoro scippassi le vecchiette. È fatta. Forse. In realtà le aziende nostrane sono meno pronte a saltare sul treno di quanto dovrebbero, business speaking. Per pigrizia mentale, perché si è sempre creduto che la grande opportunità di mercato fossero i Millennials, perché nell’immaginario collettivo gli anziani siano poveri, tutti fragili e tutti uguali…

Beh, non è così e in molti paesi l’hanno già compreso. Esistono gli anziani che fanno fatica ad arrivare a fine mese, ma sono la minoranza e gli anziani a rischio povertà sono decisamente meno dei Millennials a rischio povertà. Non che ci sia da rallegrarsene ma se continuiamo a non vedere l’opportunità di una economia silver anche da noi (soprattutto da noi) richiamo di avere a che fare solo con i costi, inevitabili, in termini di previdenza e sanità.

  • Gli “anziani” over 65 sono quasi 14 milioni in Italia, pari al 23% della popolazione totale e, nonostante la tragedia della pandemia, potrebbero superare i 20 milioni per metà secolo.
  • Sono il 23% ma possiedono il 40% della ricchezza nazionale, perché hanno pensioni ancora calcolate con il sistema retributivo, perché hanno vissuto la loro vita in un tempo in cui era ancora possibile risparmiare, perché tre quarti di loro possiedono da casa in cui abitano. E perché i loro debiti sono esauriti, quindi la loro ricchezza è stabile, nel senso di radicata, e in costante aumento.
  • Di fatto la ricchezza over 65 è aumentata del 77% durante gli ultimi 25 anni, ma i loro consumi nello stesso periodo sono aumentati solo del 23%: ecco dove si trova gran parte della liquidità italiana. Ciò nonostante l’economia che gira intorno agli over 65 italiani, diretta e indiretta, sfiora i 200 miliardi di euro.
  • L’80% di loro è ancora attivo e autonomo, circa il 40% aiuta economicamente le famiglie dei figli, altrettanti si occupano dei nipoti. Hanno ancora voglia di vivere una vita piena e fino a prima del Covid spendevano volentieri in consumi culturali, viaggi, ristoranti e hotel.

Cosa è successo rispetto al nostro immaginario collettivo del vecchietto fragile e dimesso? È successo che il progresso medico-scientifico e il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro hanno fatto slittare in avanti la vecchiaia di una decina d’anni rispetto solo a 50 anni fa.

Per contro però le categorie statistiche e demografiche non si sono adeguate e sono rimaste le stesse. Quindi oggi consideriamo anziana una persona di 65 anni. Errore. Due volte.
Primo perché stiamo parlando di un ex Baby Boomer che se va bene ha disegnato la società moderna come la conosciamo oggi e la propria vita a somiglianza delle proprie ambizioni e visioni futuristiche. Non per dire, ma i Boomers hanno fatto la rivoluzione tecnologica, di costume, sessuale e femminista. Per non parlare degli imprenditori che hanno dimostrato che le piccole medie imprese familiari – rette per buona parte ancora da over 65 – tengono botta alla crisi meglio di quelle non familiari.

Secondo perché è sempre meno l’età a definire la vecchiaia di una persona, quanto piuttosto le sue condizioni di salute, finanziarie e familiari. Così, se sono in buona salute, anche gli 80enni ci fanno un baffo, basta vedere come molti di loro si sono comportati durante la pandemia, dando lezioni di resilienza in memoria di ben altre crisi cui erano sopravvissuti.

Silver economy: perché vale la pena rivedere l’offerta di prodotti

Quando parliamo di “over 65” ci riferiamo a un vasto gruppo di popolazione, erroneamente definito genericamente “anziano”, che vuole ancora gustarsi quello che la vita può riservargli di buono e possiede le risorse economiche per poterselo permettere. Forse gli ultimi “anziani” agiati che il nostro paese conoscerà per un bel po’.
Non vale allora la pena di pensare a come rivedere l’offerta di prodotti, servizi, innovazioni destinati a questo pubblico e anche il modo cui gli si rivolgono le aziende? Non sono mezzi scemi, mezzi sordi, mezzo incontinenti. Sono persone ancora in piena autonomia e nella pienezza della loro facoltà mentali, fisiche e finanziarie.
Guardandoli per quello che realmente sono e prospettandone i desideri di oggi e i bisogni di domani si può disegnare un nuovo mercato intorno a tre grandi filoni:

  • Tutto ciò che serve a vivere sani più a lungo: prevenzione, sensoristica di monitoraggio delle funzioni e di patologie lievi, consultazione medica in tempo reale su piattaforme digitali, alimentazione, fitness, benessere mentale, ristrutturazione case private per esigenze future della vecchiaia, domotica e digitalizzazione domestica, condomini smart, orientamento per permanenza al lavoro più a lungo e age management al servizio delle aziende, longevity clinics, super food, antiaging.
  • Tutto ciò che serve a godere del proprio tempo più a lungo: piani di pensionamento graduale, piani di accumulo per reddito integrativo, pianificazione finanziaria e patrimoniale, tempo libero, viaggi, vacanze, cinema, teatro, concerti, mostre, digitalizzazione e mobilità.
  • Tutto ciò che serve a vivere in modo comodo e sereno la parte più estrema di questa nuova inedita longevità (polizze LTC, sensoristica e monitoraggio a distanza, assistenza a domicilio, medicina digitale, senior housing per persone autonome e RSA di nuova concezione per chi non è più autonomo, consulenza successoria, design age friendly,

Come succede in molti paesi esteri nei quali la longevity economy è già realtà, i senior non aspettano altro che di essere presi in considerazione, ascoltati e riconosciuti. Un’economia basata su questa parte sempre crescente di popolazione potrebbe essere un volano per le finanze del Paese e dio solo sa quanto ne abbiamo bisogno. L’invito è a guardarsi intorno e vedere il modo in cui stanno invecchiando i senior contemporanei e a non considerare più una felice eccezione la nonna di 70 anni che ancora va in bicicletta. E a sprovincializzarci. Così forse la smetteranno di guardare chi parla di longevity economy come un ladro di biciclette.

Emanuela Notari è responsabile editoriale e relazioni internazionali di Active Longevity Institute

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