In una società in costante e progressivo invecchiamento, dove l’aspettativa di vita oggi a 82,5 anni (media tra uomo e donna) arriverà entro i prossimi 30 anni a 88, le soluzioni per anticipare un’eredità che rischia di arrivare fuori tempo massimo sono sempre gradite. Le donazioni entrano nel novero, particolarmente perché, essendo equiparate a successione quanto a franchigie ed aliquote, sono molto vantaggiose in termini fiscali. Per intenderci, se un padre dona un immobile a un figlio la franchigia entro la quale la donazione non viene assoggettata a imposta (salvo imposte altre: di registro, di bollo, catastale e ipotecaria) è un milione di euro. La somma che eccedesse quell’importo sarà assoggettata ad aliquota del 4%. Se qualcuno dona un immobile a un fratello o una sorella la franchigia scende a 100.000 euro, oltre la quale l’aliquota è il 6%. Tra persone non legate da vincoli di parentela, l’aliquota è dell’8% e non esiste franchigia.

Ma, proprio in virtù di questa equiparazione, le donazioni rientrano per prescrizione di legge nel patrimonio che cade in successione e devono pertanto essere sempre trattate con molta attenzione. Donare infatti qualcosa che rischia di superare il valore della quota di legittima spettante ad eredi legittimari mette a rischio la serenità del donatario il quale potrebbe, un giorno, trovarsi a dovere restituire parte del valore del bene o il bene stesso a sanare i diritti violati dei suoi co-eredi. La donazione può essere, infatti, impugnata fino a 10 anni dalla morte del donante oppure, se questi è ancora in vita, fino a 20 anni dalla donazione.

Il rischio accompagna l’immobile per tutto questo tempo, a prescindere da chi ne sia il legittimo proprietario. Se il donatario cioè vende l’immobile ricevuto in donazione, il rischio restituzione passa sulle spalle del nuovo acquirente, ecco perché gli immobili donati sono così guardati con sospetto.

Questo tipo di bene infatti rischia, per quanto esposto in apertura, di essere rifiutato come bene sottostante per un’ipoteca bancaria o un mutuo, proprio perché il donatario potrebbe per un tempo massimo di 20 anni dalla donazione perdere la proprietà dell’immobile in caso di azione di riduzione (contestazione) ad opera di eredi i cui diritti siano stati lesi.
Anche il donante più avveduto non può sempre prevedere come gli eventi della vita possano scardinare le sue previsioni più ponderate: poniamo il caso di un padre che decida di donare a un figlio un immobile. Lo stesso padre potrebbe, nel momento della donazione, avere fatto bene i suoi conti e sapere che non sta ledendo i diritti ereditari degli altri co-eredi. Ma, a distanza di anni, il padre divorzia e si risposa. Ha un altro figlio che non aveva previsto e che, una volta grande, avrà diritto a reclamare la propria quota di legittima mettendo in discussione i piani precedenti alla sua nascita. Per questo motivo le banche non amano i beni immobili provenienti da donazioni.

Val la pena di ricordare, inoltre, che dal 2015 il Codice Civile prevede che un immobile donato successivamente all’insorgenza di un debito (del donante) possa essere oggetto di esecuzione forzata da parte del creditore i cui diritti sono stati pregiudicati, anche in assenza di una sentenza di inefficacia della donazione. Unico limite, la trascrizione del pignoramento deve essere fatta entro un anno dalla data della trascrizione dell’atto di donazione che, ricordiamo a tale proposito, deve essere pubblico, cioè validato dal notaio in presenza di due testimoni.

Bisogna rifiutare una donazione immobiliare? Non proprio.

Innanzitutto è bene ricordare che alla donazione diretta dell’immobile c’è sempre l’alternativa della donazione indiretta, ovvero la donazione del denaro necessario all’acquisto dell’immobile: in questo caso rimane il rischio di un’impugnazione della donazione da parte di eventuali co-eredi, ma almeno si parlerebbe di una restituzione in denaro e non ci andrebbe di mezzo l’immobile che quindi potrebbe essere oggetto di muto e ipoteca bancari.

Ma c’è anche dell’altro. Per esempio da qualche tempo esistono polizze che tutelano proprio dal rischio effetti della donazione sull’immobile e che possono essere sottoscritte da una qualunque delle parti coinvolte: donatario o donante, terzo acquirente, banca. La polizza in questione, in caso di azione di riduzione (contestazione) da parte dei co-eredi le cui quote siano stata in parte lese dalla donazione, offre un indennizzo pari, a seconda dell’oggetto della stipula:

  • al valore della casa;
  • alla somma spettante ai legittimari;
  • alle spese sostenute oppure il mancato guadagno derivante dal giudizio definitivo del giudice.

Quanto ai costi delle polizze in questione, si parte da un minimo di 700 euro per un valore assicurato fino a 200.000 euro.

«Le polizze in questione hanno un costo del tutto sostenibile», commenta Cinzia Pedemonte, Consulente Finanziario, «e il vantaggio di poter essere stipulate anche al momento della compravendita, quindi solo nel caso si rendano opportune. Non è necessario, quindi, sottoscriverle al tempo della donazione, quando potrebbero anche non servire. Da sempre, inoltre, ancora prima dell’arrivo di queste polizze, è possibile anche sciogliere la donazione originaria tramite atto notarile, purché donante e donatario siano ancora in vita e d’accordo. Con questo atto l’immobile donato torna a far parte del patrimonio dell’ex donatore che potrà quindi disporne come vuole, per esempio venderlo e regalare la somma incassata alla persona alla quale aveva originariamente donato l’immobile (donazione indiretta). Oggi, quindi, la paura che impedisce di sfruttare i benefici fiscali legati alla donazione dell’immobile può essere accantonata e la donazione realizzata con maggiore sollievo d’animo».

Testo a cura di Emanuela Notari

Diritto d’autore: Photo by Kira auf der Heide on Unsplash

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