La lettura più logica vorrebbe che i risparmi desaparecidos negli ultimi 3 mesi siano finiti nel portafoglio. Vediamo perché.
- L’inflazione che, per quanto in discesa, è ancora alle stelle e i tassi che stritolano i mutuatari stanno facendo contrarre drasticamente il potere di acquisto.
- Se gli stessi soldi che prima bastavano oggi non bastano più, si va ad erodere il patrimonio liquido che si è sempre lasciato lì proprio perché non si sa mai che succeda qualcosa.
Sono 25 i miliardi che mancano all’appello nei risparmi delle famiglie italiane, 32 per le imprese, per un totale di oltre 50 miliardi di euro. Se per le imprese si può sperare che le disponibilità ritirate siano destinate a maggiori investimenti, difficile pensare lo stesso per le famiglie. Nei precedenti cinque mesi si era infatti già notato un azzeramento della capacità di risparmio che sembra proprio essere l’anticamera dell’erosione notata nei tre mesi successivi.
Liquidità: il Nord-Ovest cerca investimenti sicuri
Un’analisi recente del Sole 24 Ore sui dati di Banca d’Italia, però, segnala che le sottrazioni di liquidità disponibile sono più alte nel Nord-Ovest e nelle province più ricche dell’area più ricca del Paese. Cosa significa? C’è una lettura del bicchiere che ce lo restituisce mezzo pieno? In parte sì, perché la situazione particolare che stiamo vivendo di alta inflazione sembra abbia spinto molti risparmiatori con risorse importanti (ma non solo) a investire in prodotti di risparmio relativamente sicuri e contingentemente molto ben performanti per cercare di limitare il danno prodotto dal rialzo del costo della vita nei confronti del potere di acquisto del loro risparmio.
In questa tendenza si colloca la nuova passione per i titoli di Stato italiani – sono 54 i miliardi di euro investiti in titoli di Stato italiani nel 2022 – grazie a capitale garantito, indicizzazione all’inflazione nel caso dei BTP Italia e premio fedeltà, addirittura doppio nell’ultima emissione, per chi li trattiene fino alla scadenza. Ma anche il recente BTP Valore, pur non essendo indicizzato all’inflazione, offre un appetibile tasso cedolare minimo garantito del 3,25% per il primo round (anni I e II) e del 4% per il secondo (anni III e IV), tanto che nel collocamento di giugno ha raccolto oltre 18 miliardi in ben oltre 654 mila contratti con piccoli risparmiatori. Il risultato più elevato di sempre, l’ha definito il Ministero dell’Economia. BTP quindi, ma anche obbligazioni bancarie in grande spolvero. E i fondi aperti fixed income che hanno rastrellato oltre 7 miliardi nei primi 4 mesi dell’anno.
La verità, come in molte cose, sta nel mezzo: l’Italia ricca ha finalmente capito che il denaro lasciato liquido evapora in clima fortemente inflattivo e fa quel che può per parare il colpo privilegiando strumenti sicuri, a capitale e rendimento minimo garantiti; dall’altra parte c’è l’Italia non ricca ma risparmiatrice, i cui salari, secondo le parole del Ministro per l’Economia Giancarlo Giorgetti, hanno perso il 25% in potere di acquisto, che mette mano al salvadanaio per cercare di mantenere il proprio tenore di vita.
Liquidità: poche le soluzioni contro l’inflazione
Ma nessuna ricetta da sola ripara dai danni di un’inflazione a questi livelli. Il BTP Italia di luglio con scadenza a 3 anni promette un rendimento annuo netto del 3,25%. Difficile pretendere con il 3,25 di coprire un’inflazione che a giugno era ancora al 6,4%. Molto dipende da quando si concentra la crescita di inflazione e se quel periodo coincide con il semestre di riferimento della cedola. Come spiega bene un articolo del Sole 24 Ore (24+) a firma Andrea Gennai, l’indice Foi ex tabacco, preso come riferimento dell’inflazione per il calcolo della rivalutazione del capitale nei BTP Italia, è stata negli ultimi 12 mesi del 7,3%, di cui solo lo 0,59% negli ultimi 6 mesi. Il BTP Italia che è andato in pagamento lo scorso 28 giugno ha visto una rivalutazione del capitale, nei 6 mesi tra dicembre 2022 e giugno 2023, dell’1,403%. Nei 6 mesi prima però la cedola aveva una rivalutazione al 6,38% perché si riferiva al semestre in cui l‘inflazione è cresciuta di più. Molto conta quindi anche che tipo di aspettativa di crescita dell’inflazione si può ancora avere e quando si calcola la rivalutazione data dall’indicizzazione.
I BTP svolgono bene in questo momento il loro ruolo che però può aspirare a raggiungere gli obiettivi di proteggere dall’inflazione solo insieme ad altri strumenti orchestrati su un principio di minimizzazione del rischio attraverso la diversificazione degli investimenti.
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