Ringrazio Ted Bauer, un blogger molto attivo su tematiche imprenditoriali, per avermi messo sulle tracce di un documento di qualche anno fa ad opera di AON Hewitt, società di consulenza aziendale multinazionale, che schematizza le best practices per la successione aziendale. Ted Bauer sostiene che molte aziende, bravissime nel loro specifico, eccellenti produttori o distributori, sono per contro pessime in tutto ciò che ha a che fare con i rapporti umani. La crisi recente, dal canto suo, ha sdoganato questa forma di autismo gestionale perché, mentre a mercati satolli, soddisfatto il bisogno primario di un’occupazione, tutti alzano l’asticella cominciando a dare importanza anche ad altri aspetti, in epoca di vacche magre è un tale miracolo avere un posto di lavoro che nessuno si sogna di protestare per mancanza di attenzione ai rapporti umani o di capacità empatiche.

Ma sebbene la tecnologia finirà per sostituire con l’intelligenza artificiale molte delle mansioni attualmente svolte da esseri umani, finché questo non succede l’impresa è ancora il regno delle persone e delle relazioni tra di esse. Questa analfabetizzazione empatica porta molte aziende a non saper investire sulle proprie risorse interne e, alla prima esigenza di successione del top management o di qualche componente nevralgico del board, ad andare a pescare nel vivaio altrui. Ma l’esperienza dice che un amministratore delegato arrivato da fuori ci mette un periodo tra 9 e 16 mesi per andare al passo dell’azienda, soprattutto se è un’azienda famigliare con le sue dinamiche specifiche, e ad ingranare. Ricordo per averlo vissuto il tempo in cui una famosa azienda famigliare italiana aveva acquisito il numero uno, che succedeva al capostipite, da fuori, molto fuori, dagli USA.

È durato il tempo di una gravidanza, purtroppo abortiva. Nessuno accetta di facilitare il compito di qualcuno che viene da fuori, anche se lo paga profumatamente, e nello stesso tempo chiunque non conosca nel dettaglio la combinazione alchemica specifica di un’azienda famigliare, per quanto grande, fatica a inserirsi, come ballare un paso doble con uno sconosciuto; si finisce, prima o poi, per pestarsi i piedi. Quei fatidici 9-12 mesi, al termine dei quali il nuovo arrivato può essersi inserito o può, come nel caso che ho vissuto, dare forfait e obbligare l’azienda a ricominciare la ricerca daccapo o ad assumere decisioni diverse, è un tempo non indifferente, considerata la velocità alla quale tutto si muove oggi. Quali sono allora le ragioni per le quali questo processo richiede tante energie e, ciò nonostante, può fallire?

  1. la necessità di sostituzione di un top executive o del numero uno spesso non viene pianificata, soprattutto in Italia;
  2. in caso di aziende famigliari, è sovente addirittura “negata” in senso psicoanalitico dal commander in chief che la identifica con la sua fine;
  3. se anche c’è stato un pensiero e un piano, non sempre questo ha preso in considerazione i valori dell’azienda, spesso azienda di famiglia, e chi arriva senza averli condivisi fa stridere l’ingranaggio;
  4. il cosiddetto addetto alle risorse umane spesso non ha idea dei veri talenti dei dipendenti, al più ne conosce il CV, l’inquadramento e quello che dice di lui/lei il suo capo;
    chi aveva ragioni di sperare nella promozione e si vede superare da un outsider perde motivazione e o si ribella o segue le direttive senza partecipazione. O, peggio, se ne va.

Anche dove la pianificazione della successione esiste, nelle aziende più strutturate, spesso le riunioni sul tema finiscono con un nulla di fatto, un eterno rimandare alla prossima, tanto non c’è urgenza… Di mezzo ci sono sempre le emozioni e le nostre eterne euristiche, prima fra tutte il tipico eccesso di fiducia in sé stessi e quella scaramanzia tutta latina di cui dovremmo imparare a fare a meno. Saper pianificare una successione, in particolare la propria – non solo nel caso del capostipite che deve lasciare l’azienda che ha creato ma anche nel caso dell’amministratore delegato di un’azienda non sua – è un talento raro che implica la grande capacità di interrogarsi sul domani senza fare scongiuri, di dare il giusto peso alla carriera rispetto all’insieme della propria vita, di vedere i talenti altrui e di ammettere i propri limiti, se non altro quelli biologico/anagrafici. Tutti dovremmo per lo meno immaginare il momento in cui non ci saremo più, imparando a redigere e correggere progressivamente un bilancio periodico della nostra esistenza, personale e professionale e, per quanto attiene alla gestione del rischio, garantendo un efficace trasferimento di ruolo pianificato per tempo, senza che l’interruzione del nostro percorso coincida necessariamente con una crisi aziendale (o successoria).

LA TEORIA DELLE 4 A

Sul tema del passaggio generazionale, AON invita a concentrare la pianificazione successoria aziendale sulla teoria delle quattro A (Best in class succession management).
Allineamento

In un contesto evolutivo così frenetico e instabile, la pianificazione successoria aziendale rappresenta uno strumento strategico di business planning, con l’obiettivo di allineare le necessità presenti e future dell’impresa in un disegno strategico di medio-lungo termine e costruire unn bacino di individui candidabili alle posizioni apicali in grado di incarnare la strategia aziendale. Questo tipo di allineamento coinvolge profondamente la leadership aziendale e le risorse umane, imponendo totale coerenza nelle pratiche di reclutamento, di gestione delle performance, di sviluppo e capacità di ritenzione dei talenti.
Accessibilità
Qualunque piano di successione aziendale deve essere dettagliato ma semplice, guardare lontano ma essere disponibile a revisioni e aggiustamenti continui, quindi elastico; meno burocratico possibile: la chiave di successo è di tipo umanistico, empatico, non amministrativo.

Trasparente. Una volta la successione veniva gestita nel silenzio di uffici presidenziali a porte chiuse; adesso si tende a gestirla invece con trasparenza, parlando direttamente con i papabili e aiutandoli ad avere una corretta valutazione e un piano di sviluppo futuro. La trasparenza tiene lontano la politica.

Democratica. Il ruolo di una buona pianificazione successoria che si muova con trasparenza è anche quello di fungere da esempio e stimolo per i dipendenti: la natura democratica e meritocratica dei criteri di scelta, l’apertura alla diversità, si rifletteranno nei candidati alla guida futura dell’azienda, offrendo maggiori chance di successo. McKinsey ha dimostrato con uno studio che le aziende posizionate nel quartile che corrisponde alla maggiore apertura alla diversità, in base alla costituzione del proprio board, quindi più disponibili a includervi donne e minoranze etniche, danno risultati migliori fino a un ROE del 53% superiore a quello delle aziende che stanno nel quartile opposto. Ciò è ormai confermato anche dagli studi più recenti, così come è provato che attrarre talenti con formazioni maturate in aziende e addirittura paesi o continenti diversi è un a-tout per le imprese.
Assessment
Un corretto processo di valutazione delle risorse prevede:

  • chiarezza riguardo al posizionamento valoriale dell’impresa e alla sua strategia di sviluppo;
  • un chiaro modello delle competenze richieste e necessarie per tutti i ruoli chiave (e, possibilmente, per tutti i rami di attività dell’azienda, così da farne un tratto culturale e distintivo);
  • un metodo agile di verifica periodica delle competenze per monitorare il potenziale e lo
  • sviluppo di ogni risorsa;
    un processo continuo di condivisione della valutazione con il lavoratore.


Avanzamento
Una volta identificate le stelle nascenti dell’azienda, è importante che il modello di valutazione stabilisca le aree di sviluppo individuali per portare i talenti dell’azienda alla maturazione professionale. In questo modo si possono anche misurare gli obiettivi raggiunti e legarli a una politica premiale. La pianificazione successoria aziendale è un processo dinamico, un modo di vivere la gestione aziendale che deve coinvolgere tutti, dando alla classe dirigente anziana il ruolo di accompagnamento dei futuri leader e di trasferimento delle proprie competenze.

Testo apparso su Mente & Finanza

Diritto d’autore: unsplash-logoEdu Lauton

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