In Italia, le imprese gestite da famiglie sono l’85% e in termini di occupazione contano per il 70% del totale. Secondo AIDAF (Associazione Italiana delle Aziende Familiari), infatti, 7 persone su 10 lavorano (come dipendenti o imprenditori) all’interno di una impresa familiare. Una realtà che costituisce l’ossatura industriale del nostro paese. Il Prof Alfredo De Massis, direttore del Centro di Family Business Management dell’Università di Bolzano, ha pubblicato uno studio insieme con alcuni colleghi sugli effetti della pandemia sulle aziende familiari. La sintesi individua 5 rischi principali e relative strategie di contenimento.

  1. Passaggio generazionale. Il passaggio generazionale è un processo che va pianificato nel tempo. La pandemia ha prodotto però uno shock per il quale adesso molte aziende familiari si trovano a dover o voler accelerare il processo e portarlo a termine in tempi brevi, spesso senza averlo pensato nel dettaglio. Non solo nel caso sia venuto a mancare il titolare anziano, ma anche semplicemente perché la percezione della caducità amplificata dalla pandemia ha fatto precipitare pensieri che prima aleggiavano indefiniti nella testa dei capostipiti. Ma per smentire le statistiche che vogliono solo pochissime aziende familiari superare la boa della terza generazione, occorre che il passaggio generazionale segua una roadmap precisa. Se i tempi non sono quelli naturali e vi è una situazione di urgenza, è imprescindibile la consulenza di un esperto. A questo proposito, il Prof. Salvatore Sciascia insieme con la professoressa Valentina Lazzarotti, in prima linea nella gestione del laboratorio di family business della LIUC – Università Cattaneo, Fabula, riassumono in cinque punti le caratteristiche necessarie perché il giovane erede imprenditore possa traghettare l’azienda di famiglia verso un futuro di successo:
  • capacità innovativa, ovvero capacità di far rinascere l’azienda (dopo l’esperienza del Covid, niente può più ambire a tornare come era prima, tantomeno un animale profondamente ecosistemico come un’azienda familiare);
  • saper valorizzare il passato e i valori di famiglia;
  • guardare con occhio attento ai mercati esteri (conoscere l’inglese ed essere “internazionale”) per cogliere opportunità di sviluppo futuro;
  • conoscere gli strumenti di finanza e di governance necessari per un salto di qualità̀;
  • disporre di quelle che vanno sotto il nome di soft skill, competenze relazionali e motivazionali.
  1. Relazioni interne ed esterne. Mai come in un family business la qualità delle relazioni interne all’azienda e verso l’estero con i vari stakeholder (fornitori, banche, territorio, associazioni di categoria) sono parte saliente della personalità e della storia aziendale. Il passaggio dal lavoro fisico al telelavoro in remoto ha improvvisamente annullato questo vantaggio competitivo tipico del family business. Dopo la sopravvivenza finanziaria, che giustamente è il primo grande obiettivo post-Covid, deve partire una riqualificazione e in un certo senso anche reinterpretazione delle relazioni aziendali in un sistema ibrido di lavoro fisico e remoto;
  1. Tra specchietto retrovisore e parabrezza. La cosa più difficile per i family business a detta degli esperti, a prescindere dal passaggio generazionale che è sicuramente il momento più delicato, è trovare l’equilibrio individuale tra valori e storia, cioè il passato, e potenzialità e visione, cioè il futuro. Il pessimismo generato dall’emergenza tende a far convergere le energie delle aziende familiari verso il passato, che appare come l’unica certezza nel contesto di precarietà generale. Con il 25% delle imprese familiari sopra i 20 milioni di euro di fatturato guidate da un imprenditore ultrasettantenne, quindi a scadenza successoria, è importante prendere in considerazione la visione e le istanze delle generazioni più giovani guardando al futuro, per quando imperscrutabile. Se tornare indietro era già difficile prima del Covid 19, appare impossibile dopo di esso. In un recentissimo intervento alla Milano Digital Week, il Prof. Salvatore Sciascia sosteneva che i dati posizionano in alto nella graduatoria delle aziende familiari di successo quelle che hanno a) fatto per tempo il passaggio generazionale b) permesso alle due generazioni uscente e entrante di collaborare per un tempo ragionevole prima che il passaggio generazionale si concludesse. Così come la presenza di uomini e donne nella governance di un’azienda porta a risultati migliori rispetto ai board di soli uomini – e lo stesso vale per culture diverse – così la collaborazione tra le nuove e le vecchie generazioni produce maggior successo perché in questi casi l’azienda si avvale dei talenti di entrambi: visione innovativa e nuove tecnologie da una parte, esperienza e know-how dall’altra.
  2. Shareholders vs stakeholders. Lo stress indotto dalla pandemia può creare attrito tra gli obiettivi dell’azienda di famiglia e il benessere dell’ecosistema intorno ad essa che, di fatto, include l’azienda come asset sociale. La capacità di valutare situazioni di compromesso dove al puro benessere aziendale si preferisce il benessere dell’ecosistema del quale l’azienda fa parte e di cui beneficia, seppur in modo indiretto, può di per sé costituire un trampolino verso un futuro di sostenibilità ormai imprescindibile.
  3. Liquidità. Contrariamente a quanto è accaduto finora, la salute patrimoniale dell’azienda familiare, in particolare la sua liquidità, diventa elemento fondamentale per volgere lo sguardo al futuro, cambiando le priorità da governance e management, com’era nel passato, a sostenibilità finanziaria e liquidità.

Testo a cura di Emanuela Notari

Diritto d’autore: Photo by Rune Haugseng on Unsplash

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