“Apparentemente il governo ha in mente una riforma finalizzata all’equità più che all’aumento del gettito fiscale, almeno tenendo conto che la legge delega di qualche anno fa e la più recente proposta alla Commissione Finanza parlano di “invarianza” del gettito fiscale. D’altronde sarebbe assurdo in questo momento aumentare la pressione fiscale. Questo significa rivedere le rendite, riallineando il valore catastale al valore di mercato, e riequilibrare le aliquote.
D’altronde è noto che oggi esistono case dei centri storici con valori catastali molto bassi perché i vani, su cui si basa attualmente la valutazione catastale, le colloca in fascia bassa. E anche perché i valori catastali non sono stati rivisti per decenni. Probabilmente queste case vedranno accrescere anche di molto il loro valore catastale in virtù di un calcolo basato sul reale apprezzamento di mercato; altre, in aree della città che nel frattempo si sono degradate, risulteranno avere un valore più basso rispetto al passato. Mediamente ci si aspetta un raddoppio dei valori catastali.
Questo è ciò che si sa ad oggi, ma stiamo parlando di una legge delega e non sono ancora disponibili i decreti attuativi. Ci vorrà del tempo.” Questa la prima riflessione di Alberto Pinto, immobiliarista specializzato in riconversione e recupero di immobili sottoperformanti, cui abbiamo chiesto di guidarci in questa analisi sulle prospettive del mercato immobiliare. “Certamente tutto questo si rifletterà sul mercato immobiliare delle compravendite, ma anche degli affitti. È facile, infatti, che la tendenza del futuro punti, più che alla proprietà, al godimento del bene. Se è vero che mediamente raddoppieranno i valori catastali, la classe media italiana, sempre più risucchiata verso il basso, inizierà a recedere, seppur marginalmente, dalla specificità tutta nostrana della proprietà immobiliare diffusa, per passare, com’è in quasi tutti gli altri paesi, a considerare appartamenti in affitto in costruzioni più nuove e/o più adatte alle aspettative ormai connaturate allo stile di vita. Non va dimenticato che le condizioni di degrado della maggior parte del nostro patrimonio immobiliare lo rendono decisamente poco competitivo rispetto a nuove costruzioni (o reinterpretazioni di costruzioni esistenti) basate su nuove concezioni della vita in un condominio.”
Tema spinoso quello dell’affitto, specie nelle grandi città dove il buon senso s’è perso da tempo in tariffe stratosferiche per monolocali e bilocali. Ma il Covid 19 ha dato una stoccata a regole che nessuno aveva mai osato mettere in discussione e il risultato è che i prezzi mediamente scendono, anche molti mono e bilocali in affitto nei centri città restano sfitti, barricate di resistenza di proprietari immobiliari che non intendono cedere, sperando che, una volta usciti dal tunnel della pandemia, giovani lavoratori dei servizi e studenti di famiglie benestanti continueranno a pagare troppo caro un domicilio di piccole dimensioni.
Nel frattempo, gli investitori importanti cominciano a ragionare sulla creazione anche in Italia di condomini, cosiddetti build-to-rent, per studenti o per famiglie, con tariffe accessibili e servizi in comune, superconnessi, ibridi, come certi ostelli stile Combo che sono residenza ma anche luogo di incontro e di scambio di esperienze. Oppure condomini per anziani attivi, sempre sulla base di appartamenti privati di dimensioni ridotte e servizi condivisi. “Il comune denominatore dei servizi condivisi – e della digitalizzazione implicita – permette di limitare la metratura delle abitazioni e renderle pertanto avvicinabili da una maggiore varietà di portafogli: se le postazioni per lo smart-working o per la didattica a distanza, il laboratorio per riparazioni e piccoli lavori, con tanto di attrezzatura condominiale, e la stessa lavanderia sono in comune, serve decisamente meno spazio per vivere e, nel frattempo, si genera più condivisione. E i costi di manutenzione restano in capo all’impresa proprietaria, invece che sui singoli residenti come è in un paese che per oltre il 70% è proprietario di casa ma non sempre ha i soldi per manutenerla. È così si è deteriorato il nostro patrimonio abitativo.”
Se il concetto di “15 minutes city”, tanto di moda, si svilupperà davvero, anche quello che serve al di fuori della propria abitazione sarà più a portata di mano, così diminuirà il traffico e migliorerà la vitalità e la vivibilità dei quartieri, rivalutando le aree urbane.
“Tra il 2008 e il 2012/2013 il mercato immobiliare è crollato passando dai circa 10 miliardi di euro di investimenti immobiliari a 3 miliardi circa” continua Alberto Pinto. “Ci hanno salvato gli investimenti stranieri. E adesso, di nuovo, arrivano nuove concezioni abitative importate dall’estero. Il vero cambiamento che porterà la riforma catastale, se avverrà, è un’iniezione di trasparenza in un mercato che è sempre stato opaco, resa possibile dal nuovo sistema territoriale integrato che incrocia i dati e li rende disponibili in rete.
Questo renderà al nostro patrimonio immobiliare forse meno accessibile ai privati ma sicuramente interessante per i grandi gruppi stranieri che vorranno investire in immobili più moderni, dove la digitalizzazione sarà la nervatura portante di servizi comuni per i residenti, fino a poco tempo fa in carico al singolo condomino per l’attivazione e per i relativi costi, e che adesso iniziano invece ad essere parte integrante della formula abitativa.
Allo stesso tempo, come effetto della pandemia, si stanno ridisegnando gli spazi degli uffici, molti verranno ridotti, alcuni saranno sostituiti da spazi di co-working a rotazione, molti diventeranno strutture ibride.
Ma gli effetti del Covid 19 si inseriscono su tendenze e urgenze già sottotraccia, come la necessità di ridisegnare gli immobili in chiave di sostenibilità. Greta Thunberg ha fatto da detonatore a qualcosa che già bussava alla porta: l’urgenza di una maggiore consapevolezza nell’agire umano, la necessità di inserire la sostenibilità ambientale ed energetica tra i criteri di valutazione del valore, anche finanziario, degli investimenti.”
In sintesi, quattro sembrano i punti cardinali all’interno dei quali delineare il mercato immobiliare del futuro: prossimità, digitalizzazione, sostenibilità, servizi condivisi.
La sensazione è che non si polarizzerà questo universo in offerte verticali, come abbiamo visto nel passato, ma semplicemente saranno valorizzati gli immobili che si esprimono in tutte e 4 le direzioni. Questa sembra la ricetta anche per la riconversione di un enorme patrimonio di immobili sottoperformanti.
a cura di Emanuela Notari
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