Iñaki Mirena Anasagasti Olabeaga, studioso e politico Venezuelano, ha parlato per primo di senadolescenza come di una nuova età mai esistita prima: l’età di mezzo tra adultità e vecchiaia. La fa coincidere con i 60 anni e con la sensazione, del tutto nuova, di arrivare giovani a un’età che da sempre coincide con l’inizio della vecchiaia.
Durante quasi tutto il ‘900, diciamo fino al 68, esisteva l’età infantile dalla quale si approdava all’età adulta e adulto era l’atteggiamento che ci si aspettava anche da un liceale. Poi la società del benessere si è potuta permettere il lusso di lasciare che i propri bambini indugiassero nell’infanzia anche quando i pantaloni si allungavano. È nata l’adolescenza che oggi – specie nella nostra terra di mamme – si scava uno spazio ulteriore nell’età adulta come un fiordo nella terra ferma.
Allo stesso modo secondo Olabeaga, questa età di mezzo, questa vecchiaia giovane o giovinezza anziana porta i sessantenni di oggi a comportarsi in un modo ibrido tra il fiore degli anni e anzianità, contenti di indugiare, di scherzare con gli anni come fa comodo, oggi ho l’età di chi si può permettere di dire di no, domani mi sento di nuovo ragazzo.
La crisi di mezza età arriva a 50 anni
Questo vale per chi risolve la cosiddetta crisi di mezza età, l’ansia da transizione da giovani adulti ad adulti maturi, che sono i 50 anni. Questo momento di revisione di chi siamo e dove vogliamo andare, se percepito come crisi, causa purtroppo un’infinità di danni. Amanti, divorzi, insensati investimenti in bolidi su due ruote simulacro di una giovinezza rampante che non c’è più. Un atteggiamento di rivalsa che non sa bene contro chi prendersela. Spesso depressione. Se invece viene risolto attraverso una revisione di sé, dei propri obiettivi e soprattutto un aggiornamento delle proprie priorità, è facile che sfoci nella senadolescenza di cui parla Olabeaga, anticamera di una vecchiaia consapevole.
Molti coach hanno compreso la delicatezza di questo attraversamento e si sono specializzati nella crisi di mezza età. Ernesto Beibe, a Barcellona, mentore aziendale e individuale, in un’intervista di qualche anno fa ha descritto molto bene la transizione che complica la vita dei cinquantenni. Con un disegno.
Una collina, un omino che inizia la salita con un piccolo zainetto vuoto. È il bambino che si affaccia alla vita. Man mano che va salendo, lo zainetto si riempie delle sue aspettative e di quelle che gli altri hanno su di lui finché, in cima, lo zaino assume le dimensioni di una soma e curva l’omino che lo porta sulle spalle. Quelli sono i 45/50 anni. Scendere può essere più faticoso, e più pericoloso, se il carico è pesante e, come durante un viaggio in un’altra cultura se lo zaino è stipato non c’è posto per portarsi dietro qualcosa del paese che si sta visitando, così giungere alla mezza età caricandosi ancora tutte le aspettative dei 40 anni precedenti non aiuta a prepararsi alla seconda parte della vita tenendosi degli spazi utili per nuove curiosità.
La soluzione per vivere bene la transizione dei 50 anni secondo Beibe è fare pulizia nello zainetto: buttare quello che non serve più, ciò che rappresenta quello che volevamo 20 anni fa ma non necessariamente vorremmo oggi, il nostro io di ieri, quello che gli altri volevano che noi fossimo o rappresentassimo. Se lasci che l’ambizione di raggiungere tutti gli obiettivi che ti eri posto abbia la meglio, finirai frustrandoti e, spesso, disperandoti. E, alla fine, fallendo il tuo progetto di vita che sei tu, non quello che fai.
Se alleggerisci il carico, man mano che avanzi nell’età matura con il solo bagaglio delle cose che sono intrinseche a te, quello che è fondamentale alla tua struttura individuale, avrai lo spazio per prendere con te, strada facendo, le informazioni dell’epoca che stai attraversando, adattandoti giorno dopo giorno alla società e alla cultura che ti circonda, attualizzandoti, finché quando sarai già vecchio potrai ancora parlare con le generazioni più giovani e scambiare esperienze, invece di restare in un angolo.
La chiave è accettare la saggezza che viene con l’età e che si fa posto attraverso la dimenticanza attiva. La dismissione della memoria è un mezzo per fare posto a quello che deve ancora venire, a quello che apprenderai ancora e potrai condividere ancora.
Lo spazio che si lascia libero per nuove passioni è fondamentale. In questo le donne eccellono.
La rinuncia alla centralità dell’io imposta prima dalla cura della famiglia e della propria fisicità indotta poi dalla menopausa lasciano spazi per hobby, relazioni, cura familiare, nuove esperienze e soprattutto per il versante più umanistico della vita. Gli uomini, ingabbiati nella necessità di reddito e di successo, hanno irrigidito le pareti che dividono una passione dall’altra, un interesse da un altro, creando fenomeni di stenosi che non aiutano a invecchiare bene.
Riorganizzare la valigia per il resto del viaggio è un’arte che risponde a una necessità di leggerezza, a una rinuncia necessaria che permette, secondo Beibe, di imparare a frustrarsi senza disperarsi.
Senza frustrazioni, senza difficoltà non c’è crescita o la vita è un crucigramma già fatto, noiosissima. È una sensazione che spesso si prova quando il giro di boa dei 50 coincide con un divorzio o un profondo cambiamento di carriera, di paese, di casa. Si ha la sensazione che gli eventuali rimpianti siano accompagnati da un una certa leggerezza che va assecondata premiando l’essenziale rispetto al superfluo: dal guardaroba ai mobili, tutto quello che resta deve superare l’esame, mi serve davvero? È ancora mio in fondo al mio cuore?
Crisi di mezza età: spazio alle passioni senza fare bilanci
Chip Conley è un altro nocchiero della mezza età. Grande esperto di hôtellerie, quando già non era più un ragazzo è stato chiamato dai giovani fondatori di una start-up che era, in nuce, l’attuale Airbnb: loro avevano la cultura digitale, lui sapeva come fare di un concetto di ospitalità un successo. Un uomo maturo ed esperto ha mischiato le sue competenze con la visione e la lingua digitale di un gruppo di giovani imprenditori e da lì è nata una stella.
Questo l’ha fatto riflettere e comprendere che non c’è nulla che aiuti a 50 anni come rimettersi in gioco, avere l’umiltà e la curiosità necessarie per scrivere la seconda parte della vita senza sedersi sugli allori che, pure, non gli mancavano. Dopo 4 anni che hanno segnato il successo di Airbnb, Chip Conley ha fondato la prima Università della mezza età in Baja California, la Modern Elder Academy, un compendio di accoglienza, vacanza e orientamento con l’obiettivo di aiutare i cinquantenni a rimettere a fuoco la propria vita.
Il pubblico di riferimento è paradossalmente proprio quel tipo di 50enne che ha vissuto una vita professionale brillante e spia su se stesso con apprensione le prime avvisaglie di uno smalto meno abbagliante. Rinunciare al successo da ribalta, al ruolo di condottiero può essere un passaggio molto dirimente della propria vita, non per niente si dice che chi sa quando lasciare il proscenio fa la propria fortuna e quella di chi gli succederà. È il caso di molti nostri imprenditori che hanno speso la loro vita creando un’impresa familiare di successo, che porta spesso il loro stesso nome, e che, quando sarebbe ora di guardare al futuro da un’altra prospettiva, non riescono a cedere il timone.
La lezione della straordinaria longevità che stiamo vivendo è che, oltre a pianificare le proprie finanze in modo da garantirsi di poter vivere sufficientemente bene fino a 90/100 anni, occorre pianificare la propria vita in senso più ampio. Dove e come vogliamo vivere? Cosa sarà indispensabile e cosa invece ci strapperà un sorriso? Il necessario per vivere e ciò che ci fa stare bene non sono necessariamente due facce della stessa moneta. Il senso di scopo non si compra.
C’è chi lo trova nel dedicarsi finalmente a una passione che prima si era messa da parte, chi non smettendo mai davvero di lavorare, chi diventando imprenditore di se stesso, chi facendo di un hobby un mestiere, chi trasferendo le proprie competenze ai giovani, chi col volontariato, chi girando il mondo e chi finalmente scrivendo il libro che stava in fondo al cuore. Ognuno a suo modo, ognuno secondo le proprie passioni, deve investire la seconda parte della vita di uno scopo, una ragione di vita. Un’equazione che risponda alla domanda chi siamo. L’importante è che alla fine i conti tornino.
Testo a cura di Emanuela Notari
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