L’Istat ha presentato il nuovo rapporto sull’evoluzione demografica del Paese e delle famiglie da qui al 2070. Il rapporto non solo conferma ma addirittura accentua le tendenze che erano già state recepite: diminuzione della popolazione, aumento degli anziani, aumento di chi vive solo, spopolamento del Mezzogiorno.

Nel percorso da qui al 2070, cioè durante i prossimi 50 anni, la popolazione italiana diminuirà dagli attuali 59.6 milioni fino addirittura a 47 milioni nel 2070. Questo è il risultato dell’aumento degli anziani, della longevità e della denatalità, oggi al punto più basso con 1.2 figli per donna. Tasso che è previsto in leggero aumento, ma l’effetto non cambia poiché per contro diminuisce il numero totale di donne in età feconda, causa invecchiamento, calo delle nascite e calo dell’immigrazione negli ultimi 5 anni.

In generale, le grandi città vedono diminuire i residenti regionali a favore di centri più piccoli nell’orbita dei centri più grandi, ma godono in compenso di un incremento dei lavoratori che migrano da altre regioni, specie del Mezzogiorno, verso il Centro-Nord. Inoltre, la diminuzione di coppie con figli sarà molto marcata nel Sud, -7% nel 2070 vs. -5% del Nord.

Di fatto diminuiscono le coppie con figli in tutto il Paese, aumenta l’instabilità di coppia, cambia il sentimento nazionale verso l’affidamento dei figli ai padri. Questo risulterà in un aumento delle famiglie monogenitoriali di padri che saranno 900 mila nel 2040, mentre le famiglie monogenitoriali in capo a una donna resteranno invariate a 2.2 milioni. Totale, oltre 3 milioni di monogenitori.

A questo quadro si aggiunge il tema dell’aumento degli anziani, tuttora definiti come persone che hanno superato i 65 anni. Oggi sono circa 13 milioni, pari al 23%, ma nel 2040 potrebbero veleggiare oltre il 30%, verso il 35% previsto per metà secolo. Questa è la tendenza, almeno fino a quando la generazione più popolosa della Storia, i Baby Boomers, si sarà esaurita.

Quanti di loro vivono soli? Almeno un terzo oggi, oltre 4 milioni di persone, ma per il 2040 ne sono previsti 2 milioni in più, prevalentemente donne.

Tanto che il totale di persone adulte che vivono da sole supererà i 10 milioni. Che sul totale previsto per quell’epoca fa il 20%.

Le stime forza lavoro per i decenni a venire sono solo un’ipotesi, basata sull’eventualità che la percentuale di persone in età da lavoro impiegate rimanga la stessa di oggi, ma il confronto con l’aumento di anziani mostra la criticità del nostro Paese se non si affronta la questione previdenziale in qualche modo. Favorendo l’immigrazione legale, fortemente diminuita rispetto a 5 anni fa, facendo continuamente slittare in avanti l’età della pensione e diminuendo gli assegni, (ma fino a quale limite?), favorendo le famiglie, come è accaduto in Francia che, rispetto al resto d’Europa, mantiene numeri più confortanti, incentivando il lavoro integrativo alla pensione per le persone che si sentono ancora in grado di lavorare, magari part-time.

L’aumento delle persone sole, specie tra gli anziani, è un altro tema importante. Per lo più donne, per lo più destinate a una longevità ancora maggiore (aspettativa di vita femminile per metà secolo circa 90 anni), quindi più esposte a problemi sanitari e di assistenza, costituiscono uno stimolo a guardare ai senior living, condomini a tutela della parte più fragile della vita, nel rispetto di privacy e necessità di socialità e sicurezza, come a un comparto da sviluppare insieme con un nuovo concetto di RSA. Serve un impegno del governo, prima di tutto attraverso l’adozione, come in altri paesi, di una normativa che inquadri la fattispecie, del senior living, oggi inesistente, poi e incentivi fiscali agli investimenti in questo settore.

Resta però il fatto che la tendenza a una popolazione sempre più anziana è per ora stabile. Anziani che, però, da una parte, grazie al progresso medico-scientifico e a migliori condizioni di vita e di lavoro, invecchiano sempre più lentamente – non a caso alcune città del Giappone hanno ridefinito il termine minimo dell’età anziana spostandolo da 65 a 75 anni – dall’altra sono esposti, in età molto avanzata, a maggiori fragilità.

Il tema però non è solo quello di una maggiore assistenza, più di prossimità, più domiciliare, limitando il ricorso a strutture ospedaliere o di ricovero per anziani. È anche una questione di consapevolezza: in questa epoca l’età matura, e via via anziana, rappresenta la faccia del nostro Paese, e con l’Italia dell’Europa, del Giappone, della Cina. Un cambiamento importante che prima di essere combattuto va compreso, nel senso etimologico di prendere con sé. Gli anziani prima di essere un problema sono una risorsa, economica, sociale, culturale, identitaria.

Come tale andrebbe tutelata e valorizzata.

Testo a cura di Emanuela Notari

Diritto d’autore: Photo by Rodion Kutsaev on Unsplash

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