Molti di noi, ancora oggi tendono a comprare sul mercato finanziario in base all’andamento recente. Se un titolo o un fondo ha fatto super bene nell’ultimo anno si ritiene che continuerà a farlo, dimenticando che la logica invece riporta le performance eccezionali verso la media, come una variazione in un’armonia torna alla casa del tema principale. Per esempio, la corsa all’acquisto dei bond governativi italiani il cui rendimento è andato alle stelle cavalcando un rialzo di inflazione che difficilmente replicherà nel prossimo futuro. Pur tuttavia l’aspettativa è ottimistica.
Creare aspettative sul futuro basandosi sul passato è come giudicare una terra dal frutto che ha dato nella stagione migliore, dimenticando, cosa che un vero contadino non fa, che l’anno prossimo potrebbe la stessa stagione essere influenzata da agenti atmosferici diversi e dannosi o, peggio, pensare che l’appezzamento che quest’anno ha dato una resa superiore alla media, l’anno prossimo farà altrettanto…
Allo stesso modo si tende spesso a guardare al passato con l’idea che si di aver previsto ciò che in realtà è successo dopo. È un bias noto come senno del poi perché, oltre al danno la beffa, si manifesta spesso con un’eccessiva e spesso peregrina convinzione di essere dotati di grande acume e si finisce per assumere un’aria da intenditori: il destino dell’opzione in questione “era lì da vedere”. Si attiva questo bias cognitivo quando acquistiamo un prodotto finanziario e, se il prodotto guadagna, improvvisamente l’avevamo sempre saputo e ci congratuliamo con la nostra grande preveggenza. In realtà ogni volta che si acquista un titolo questo può solo perdere o guadagnare, delle due l’una, e una delle due fatalmente succede. Non c’entra la nostra bravura, casomai il caso ci premia…
Acquistare i rendimenti passati: un esempio concreto
Un recente articolo di 4Timing Sim ha posto chiaramente la questione.
Se un risparmiatore tra il 2003 e il 2018 avesse deciso di investire in bond o in azioni basandosi sulla logica retrospettiva dell’andamento dei due mercati negli ultimi 5 anni, avrebbe scelto due cose opposte perché il risultato degli ultimi 5 anni non dà alcuna garanzia per i successivi 5. All’inizio del 2008 come all’inizio del 2018 avrebbe certo scelto le azioni, ma nel 2003 o nel 2013 il mercato obbligazionario sarebbe sembrato più promettente puntando sulla prosecuzione del trend dei precedenti 5 anni.
Quando ci si trova a scegliere un fondo sulla base della sua buona performance recente, si tende a credere che dietro ci sia la bravura del gestore del fondo. In certi casi potrebbe anche essere ma perché allora Warren Buffett sta facendo male anche lui? Non gli mancherà certo il naso.
Purtroppo spesso dietro a una performance straordinaria c’è il caso o congiunture difficilmente replicabili, che prescindono dalla lungimiranza dell’asset manager.
Già il nostro comportamento finanziario sconta una serie di cattive abitudini, senza bisogno di aggiungervi il bias del senno del poi.
Per prima quella di non investire sufficientemente in azioni – più le donne, refrattarie al rischio, che gli uomini, però tutti noi italiani, memori del felice passato degli investimenti sicuri in obbligazioni, tendiamo a tenerci lontani dal mercato azionario, molto più apprezzato dai piccoli risparmiatori nei paesi anglosassoni. E quando investiamo in azioni tendiamo a farlo con le stesse aspettative che riservavamo ai bot dell’epoca d’oro degli alti rendimenti (e alta inflazione), ignorando il rapporto esistente tra rischio e rendimento.
Inoltre movimentiamo troppo il nostro portafoglio, più gli uomini che le donne in questo caso, non dando tempo ai giovani arbusti di dare frutti. Un tempismo sbagliato porta inevitabilmente a vendere quando un titolo scende e comprare quando sale.
Infine non cogliamo che l’unica certezza perseguibile in finanza è che più sono le scarpe nelle quali tieni il piede meno è probabile di indossare proprio quella cui si romperà il tacco, questione di probabilità. Meglio quindi diversificare: agitazioni politiche, catastrofi atmosferiche, congiunture economiche difficilmente sono le stesse in tutto il mondo o in tutte le asset class.
Davanti all’incertezza l’uomo tende a cercare certezze. Logico e sensato, purtroppo però tendiamo a cercarle dove non esistono. Certezze e finanza vanno poco d’accordo.
Testo a cura di Emanuela Notari
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