Si è aperto il sipario sull’edizione numero 73 del Festival di Sanremo che è sempre meno musica e sempre di più un business. Il Sole24Ore ha fatto i conti in tasca a questa edizione, la quarta condotta da Amadeus, mettendo in fila numeri importanti. In sintesi:

  • 50 milioni il fatturato pubblicitario in una sola settimana
  • 17 milioni il costo di produzione del Festival
  • 300 milioni il fatturato del mercato musicale italiano. Il 2,5% di questo giro d’affari arriva da Sanremo.

La musica italiana è una goccia nel mercato discografico globale che, dato per morto con l’arrivo dello streaming, proprio grazie al digitale è ripartito con forza. Secondo le stime di Goldman Sachs il mercato musicale può arrivare a valere oltre 150 miliardi di dollari entro il 2030 con una crescita del 12% all’anno.

A dare una spinta alla musica hanno contribuito due fattori importanti: il digitale e l’ingresso di investitori finanziari che hanno cambiato il mercato. Vediamo come:

  • Le canzoni sono diventate prodotti unici. Il game changer del mercato è Spotify che nel 2011 ha spostato il centro del business musicale digitale dal possesso dei diritti di una canzone all’accesso. La musica può essere ascoltata da tutti retrocedendo royalties agli autori. Questo ha dato ai musicisti nuove possibilità di ricavo e ha aperto un mercato in cui sono entrati altri attori.
  • Il mercato della vendita dei cataloghi. Le canzoni e tutti i diritti che ci girano attorno sono diventati un business per private equity e case discografiche. Acquistare l’intera produzione musicale di un cantante o di un gruppo significa assicurarsi royalties nel lungo termine. Hipgnosis Songs, fondo americano specializzato proprio nella valorizzazione della musica e alleato di Blackstone, è più attivo del settore. Sony, Warner e Universal sono le case discografiche più attive.
  • Tentazione future sulla musica. Per ora è solo un progetto ma, secondo quanto riportato dal Financial Times, presto potrebbe addirittura arrivare un future sulla musica. A costruire questo prodotto ci sta pensando Clouty, società americana che ha costruito l’indice Musiq 500 che si muove in base agli streaming degli artisti. L’indice è stato inserito sulla piattaforma di Bloomberg e questo sembra già un passo importante verso il lancio del future.

Diritto d’autore: Foto di Viktor Forgacs su Unsplash

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