Le pensioni vengono indicizzate all’inflazione per legge. Meno male. Purtroppo però non in modo equo. Negli ultimi 10 anni, sostiene Alberto Brambilla, grande esperto previdenziale (Itinerari Previdenziali), le pensioni da 4 volte il minimo INPS (circa 2.000 euro lordi al mese) in su hanno perso oltre il 10% di potere d’acquisto. Draghi aveva previsto di rimettere un po’ d’ordine nella rivalutazione delle pensioni ma non è durato abbastanza.
Per il biennio 2023-2024, in particolare, è prevista una rivalutazione di assegni sociali e pensioni al minimo addirittura del 120% dell’inflazione prevista (7,3%), una indicizzazione al 100% delle pensioni fino a 4 volte il minimo e un peggioramento significativo di tutte quelle oltre 4 volte il minimo pensionistico (che per il 2023 è di 571,61 euro mese, quindi oltre 2.286,44 euro). Per giunta, l’articolazione delle diverse aliquote di rivalutazione rispetto all’inflazione non è per scaglioni ma per fasce, quindi se la percentuale prevista è poniamo il 50%, è il 50% su tutto l’importo dell’assegno, non sulla parte eccedente i 2.286,44 euro.
Il risultato è una penalizzazione pesante del ceto medio. Stima sempre Brambilla che “nel decennio dal 2024 al 2033, ipotizzando un’inflazione molto prudenziale del 2% annua, le rendite di 2.500 euro (parliamo sempre di cifre lorde) perdono circa 13mila euro, quelle da 5.253 euro lordi circa 69mila euro, che diventano quasi 9 mila per pensioni intorno ai 7.500 euro lordi e, come minimo, oltre 115mila per quelle da 10mila euro lordi in su.”
Pensioni e inflazione: alcuni esempi concreti
Ma i risparmi, che pure per molti pensionati sono utilizzati in modo integrativo al reddito pensionistico, i risparmi come si comportano? Tenuto conto soprattutto dell’ingente liquidità italiana…
- Capire l’effetto dell’inflazione sui risparmi è cosa complicata. L’ultimo rapporto Consob sulle abitudini finanziarie degli italiani dice che apparentemente il 65% degli intervistati comprende gli effetti dell’inflazione sul proprio potere d’acquisto, ma resta pur sempre quasi un terzo che non he comprende a fondo la portata.
- La parte più difficile è il meccanismo della capitalizzazione o de-capitalizzazione composta: partendo da 100.000 euro oggi, quanti ne avrò tra 5 anni con un investimento che rende, poniamo, il 5%: il risultato non è 125.000 ma 127.600 perché ogni anno l’imponibile su cui applicare il tasso di interesse non è quello originale ma quello originale aumentato degli interessi dell’anno/degli anni precedenti. Così vale, al contrario, per la svalutazione a causa dell’inflazione, anche questa è composta.
- La soluzione è evitare di perdersi nei numeri e ragionare per potere di acquisto. Se ho da parte 350.000 euro per comprare, poniamo, un trilocale al figlio quando si sposerà, facciamo tra 5 anni, se l’inflazione resta al 5%, alla fine del quinquennio avrò 270.800 euro, che vanno bene per un bilocale. Qui non ho perso 80.000 euro, ho perso la possibilità di comprare una casa con la camera per il futuro nipotino. Oppure mio figlio si dovrà accontentare di un trilocale in periferia.
- Facciamo diversamente il caso di un pensionato che utilizza mensilmente una quota di risparmi per integrare il proprio reddito pensionistico. Diciamo che prende 1.200 euro al mese che integra con 1.000 euro di propri risparmi. La rivalutazione pensionistica gli permette di rimettersi in pari con l’aumento dei prezzi perché, essendo il suo assegno pensionistico inferiore a 2.286 euro, l’indicizzazione è al 100%, ma i suoi risparmi non sono tutelati, salvo abbia scelto investimenti inflation linked. Quindi, se l’inflazione resta al 5%, i 120.000 euro che avrebbe consumato in 10 anni saranno esauriti alla fine del 9°.
La matematica non è un’opinione, si dice, ma a volta la narrativa può più dei numeri: raccontare storie funziona sempre meglio che fare di calcolo.
Testo a cura di Emanuela Notari
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