Nei prossimi 20 anni le famiglie aumenteranno di numero ma saranno sempre più piccole: le coppie con figli diminuiranno tanto da rappresentare solo il 25% del totale delle famiglie (il 15% se consideriamo solo i figli minori). Come effetto delle crescenti crisi di coppia, cresce il numero delle famiglie monoparentali: 2,3 milioni di madri e 600 mila padri. In particolare:
- Aumenteranno anche le coppie di fatto e i single, previsti questi raggiungere i 10 milioni per il 2042: per lo più anziani, molte più donne che uomini, ma anche tanti trentenni.
- Perché mettiamo insieme la composizione delle famiglie e la loro natura con il numero di single? Perché se dietro l’aumento dei single e delle famiglie monoparentali c’è l’instabilità di coppia, la denatalità non aiuta. Spesso i figli, ancora oggi, sono un mastice che richiede, almeno finché i figli non saranno “grandi”, di tenere unita la famiglia. Più cresce la denatalità, meno è sperabile che le coppie aumentino la propria resilienza.
- La sempre più diffusa crisi di coppia – mediamente una richiesta di separazione ogni 5 minuti – non preoccupa sul versante dei costumi, ma in quanto costituisce un rischio patrimoniale da non sottovalutare per gli individui protagonisti, le famiglie di origine, il Paese intero.
- I single di ritorno, separati o divorziati, in assenza di figli, infatti, non avranno grandi responsabilità di sostegno reciproco una volta separatisi. E non andrà necessariamente meglio per chi si ricrea un rapporto di coppia basato sulla convivenza, quindi informale: in questo caso infatti né l’eventuale scioglimento della coppia di fatto né l’eventuale decesso di uno dei due partner prevede tutele reciproche. Per non parlare di chi resterà solo e non potrà avere il sostegno, finanziario e fisico, di un partner quando sarà più in là negli anni.
Famiglie di conviventi: come cambia la gestione patrimoniale
Un interessante articolo di Cinzia Pedemonte segnala alcune cose che i conviventi devono fare per tutelarsi reciprocamente:
- segnalare la propria coppia di fatto all’anagrafe di residenza in modo da assicurarsi alcuni diritti di base come per esempio, il diritto per le detrazioni per i figli a carico o il diritto alla detrazione per spese di ristrutturazione dell’immobile per il convivente non proprietario o il diritto a subentrare nel contratto di locazione intestato al convivente che è venuto a mancare.
- Una coppia di fatto può accedere al contratto di convivenza per regolamentare i rapporti patrimoniali scegliendo, eventualmente, il regime patrimoniale di comunione dei beni – in assenza di scelta il regime patrimoniale è per default di separazione dei beni, per cui ognuno possiede ciò che ha personalmente acquistato, anche se l’altro ha partecipato all’acquisto in modo indiretto – e definire accordi in merito alla gestione della famiglia e/o a un eventuale scioglimento della convivenza, contemplando un possibile accordo per un assegno di mantenimento (diverso dall’obbligo di alimenti che può stabilire solo un giudice).
- Naturalmente se si vive in una coppia di fatto, sarebbe gesto di responsabilità nei confronti del compagno o della compagna di vita redigere un testamento intestandosi reciprocamente la quota cosiddetta disponibile, quella cioè che solo per testamento può essere destinata a un non erede. La parte meno tutelata in una convivenza è infatti quella relativa alla successione. In caso di decesso di uno dei conviventi, come già detto, l’altro non ha alcun diritto successorio: può subentrare nel contratto di affitto se questo era intestato al partner defunto o restare nella casa comune di proprietà dello scomparso solo per un periodo tra i 3 e i 5 anni a seconda che vi sia presenza di figli comuni minori o disabili. Inoltre il partner superstite non ha diritto a succedere nel TFR o nella pensione di reversibilità e, in quanto estraneo, non ha nemmeno diritto alla franchiglia qualora il defunto avesse voluto proteggerlo facendo testamento e intestandogli la quota disponibile. In questo caso avrebbe diritto a una parte del patrimonio dello scomparso ma gravata dell’8% di tasse. Salvo che il disponente abbia stipulato, invece, una polizza vita in favore del convivente che, in quanto polizza, resterebbe fuori dalla massa ereditaria, quindi prescinderebbe dalla quota disponibile, e non sarebbe soggetta a tassa successoria.
Quanti conviventi hanno valutato queste cose? Quanti le sanno? Quanti consulenti le hanno affrontate con i propri clienti?
Immaginiamo ora il convivente superstite invecchiare. Le statistiche ci dicono che se è uomo verosimilmente si ricreerà un rapporto di coppia, spesso con una donna più giovane, anche se il numero degli uomini senior single è in aumento. Se è donna e si è separata già in età matura resterà verosimilmente sola e verrà arruolata nell’esercito di donne senior single, per lo più vedove ma anche divorziate. A completare il profilo, la prospettiva di un assegno pensionistico pubblico mediamente inferiore del 30% a quello di un uomo e una partecipazione largamente inferiore alla previdenza integrativa (solo il 38% delle donne contro il quasi 62% degli uomini sono iscritte a un fondo pensione), condizioni in cui una maggiore longevità si inserisce senza festeggiamenti.
Testo a cura di Emanuela Notari
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