Il 3 gennaio 2018 entrerà in vigore sul mercato la direttiva del Parlamento Europeo denominata MiFID2. L’ESMA, l’autorità europea indipendente che contribuisce alla salvaguardia della stabilità del sistema finanziario dell’UE, ha emanato orientamenti a riguardo; Consob, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa e membro dell’ESMA, deve adattare questi al contesto italiano, anche tenendo conto del MiFIR, il Regolamento Europeo che guiderà gli Stati membri al recepimento della nuova normativa.
Su questo argomento, Il Cigno Bianco propone un’intervista al Professor Santorsola, Professore Ordinario di Asset Management e Investitori Istituzionali e Corporate&Investment Banking all’Università Parthenope di Napoli.

1. Professore, Consob non si è ancora espressa sul MiFID2, pensa che questo ritardo possa posticipare la data del recepimento della direttiva in Italia?

Sono a conoscenza della speranza di alcuni intermediari di un rinvio ulteriore, dopo quello già avvenuto lo scorso anno. L’ipotesi non è in linea con le azioni delle Autorità Comunitarie. Si tratta di una scelta politica che non tiene conto di valutazioni tecniche. Molte banche sono in ritardo, altre, invece, stanno mettendo in atto i principi del MiFID2, come ad esempio la separazione dei costi e dei ricavi provenienti dalla commercializzazione di prodotti e servizi dall’attività di asset management, rendendo evidente al cliente questa separazione;

2. Può riassumerci brevemente le principali regole imposte dalla normativa?

Le principali regole riguardano gli incentivi e la gestione dei prodotti finanziari, aspetti che incideranno sul lavoro dei consulenti finanziari. Nello specifico, si otterrà il pagamento di una fee per servizi valutati come apportatori di valore.
Un altro cambiamento riguarda la separazione tra remunerazione della gestione del prodotto o servizio finanziario e la remunerazione dell’attività di consulenza. La somma delle due potrebbe non variare i costi attuali, ma il cliente ne percepirà la diversa natura, diventando, così, più consapevole e potendo scegliere scientemente soluzioni alternative.

3. Quali saranno i soggetti coinvolti nella normativa?

Le categorie di soggetti interessati sono:
– Banche di investimento
– SGR (Società di Gestione del Risparmio) tradizionali, immobiliari e speculative
– SIM (Società di investimento mobiliare), Broker e Dealer
– Gestori di mercati regolamentati, di infrastrutture di mercato (come, ad esempio, piattaforme di trading) e internalizzatori sistemici, cioè soggetti che in modo organizzato negoziano per conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato
– Banche e società che forniscono servizi di consulenza e gestione di patrimoni
– ETP, cioè strumenti finanziari negoziati in borsa il cui obiettivo primario è offrire lo stesso rendimento di un indice di riferimento o di un attivo al lordo delle commissioni, con bassi costi di gestione, ma costi di distribuzione
– I clienti, i consulenti, i dipendenti bancari e postali

4. La direttiva MiFID2 impone una distinzione tra consulenza indipendente (untied) e non indipendente (tied); questo cosa significa?

I consulenti tied sono ex promotori, che operano con la clientela agendo da consulenti all’interno di prodotti, strumenti e servizi di cui dispone una società di intermediazione o una banca che gli conferiscono il mandato. I consulenti untied sono meno numerosi e operano dal 2007 in regime transitorio, ricevendo una fee dai clienti, contrariamente ai tied, che vengono remunerati dai mandatari.
Personalmente concepisco gli untied come rappresentanti del cliente presso le società del settore e i tied come rappresentanti di quest’ultime presso i clienti medesimi; nonostante questo, i primi sono numericamente inferiori: 1000, rispetto ai 50.000 tied in Italia. Le SIM dedicate alla consulenza sono solo 10 e non riescono a far valere la propria posizione in questo panorama.
Ne consegue una squalifica del concetto di Consulenza stesso, poiché operatori tied strutturati sono meno orientati alla ricerca, all’utilizzo dei dati e alle esigenze dei clienti, che sono i capi saldi su cui si basa la Consulenza stessa.

5. Una banca come potrà soddisfare adeguatamente le prescrizioni del MiFID2 se decide di optare per una consulenza non indipendente?

L’ESMA distingue gli informatori dai consulenti, limitando l’attività dei primi a mera presentazione e consegna di documentazione illustrativa priva di efficacia conclusiva in termini contrattuali. Ciò costringe le banche a valutare economicamente più conveniente investire sui consulenti tied, anche alla luce di un gap di preparazione e conoscenze degli informatori riscontrate nel tempo da ESMA stessa.
Per poter operare attraverso i consulenti, ma conformemente a quanto stabilito dalle autorità statali di controllo, appare necessario per le banche formare adeguatamente i propri consulenti.

6. Su questo ultimo punto, come si stanno preparando i principali soggetti italiani?

Vi sono posizioni differenti, soprattutto in termini di percorso verso l’avvicinarsi ai requisiti previsti dal MiFID2. Alcuni soggetti stanno attendendo il testo finale della Consob, altri lo anticipano, anche alla luce del fatto che l’estate è cominciata e che il periodo di ferie dei dipendenti blocca le attività le attività di formazione, rimandandole a metà settembre.
Diverso è il discorso qualora si valuti il livello di preparazione dei soggetti interessati alla nuova direttiva. Il personale è disponibile e propositivo nel formarsi adeguatamente; esistono infatti evidenti carenze nella conoscenza delle caratteristiche finanziarie, non commerciali, dei prodotti, delle regole teoriche della finanza mobiliare e dei principi di asset allocation e gestione del portafoglio. Ulteriori difficoltà si denotano nella gestione dell’esame basato su test, cosa a cui il personale non è abituato.
Riassumendo: basi deboli e ottima buona volontà; la seconda può sicuramente facilitare il superamento delle prime.

7. Il timore è che MiFID2 vada ad erodere i margini di rendimento percepiti da banche e consulenti; lei che opinione si è fatto su questo?

Senza azioni di aggiornamento, formazione e addestramento, vi saranno incongruenze con la normativa. Gli intermediari si dividono fra quelli che stanno predisponendo le valutazioni interne e quelli che attendono la normativa Consob.
Si ha motivo di ritenere che quest’ultima non possa differire di molto dagli orientamenti dell’ESMA e questo ritardi di alcuni soggetti potrebbe comportare soluzioni frettolose e approssimative in autunno.
Altra soluzione è quella di iniziare con le risorse già idonee; senza consulenza non ci sono margini di intermediazione e, con la sola informazione, non vi è spazio per i ricavi, oltre al fatto che si rischia di perdere clientela, poiché attratta da intermediari più efficienti e in grado di completare l’offerta.
Mi domando: a cosa serve la mera attività di informazione e consegna di documenti se non a favorire il passaggio dei clienti verso intermediari con un servizio più completo?

8. Lei parla di costi in aumento per effetto della formazione; crede che i ricavi rimarranno inalterati o potrà esserci una stretta delle retrocessioni percepite dal consulente o la banca, e se sì, perché?

La risposta è difficile; la formazione è di fatto obbligatoria per adeguare il personale alla funzione non più solo commerciale. I risultati sono incerti, ma il fatto è che non ci sono alternative e bisogna investire per sopravvivere. La stretta non lo vedo in termini di percentuale quanto di volume complessivo, poiché molti intermediari non aggiornati perderanno clienti a favore di altri più preparati.

9. MiFID2 rivede i requisiti formativi indispensabili per poter promuovere e/o fare consulenza sui servizi di investimento; quali saranno questi requisiti dal 2018?

Un requisito fondamentale è farsi certificare dall’ESMA per la qualità delle proprie attività di formazione e il realizzare di progetti di valutazione coordinati da soggetti con requisiti idonei e con attività di docenza o diretta sui mercati; il rischio è ovviamente ex post, nel caso di lamentele che dovessero evidenziare percorsi inidonei di valutazione e/o incompletezze formali o sostanziali nella gestione dei fabbisogni dei clienti.
Il livello di competenza dovrà essere mantenuto nel tempo al variare degli scenari e dei prodotti o servizi in sei temi:
• Analisi di scenario
• Regolamentazione ed etica del settore
• Analisi delle esigenze della clientela
• Conoscenza e valutazione dei prodotti (obbligazionari, azionari, gestito e derivati)
• Asset allocation&management
• Prodotti assicurativi e previdenziali
Il progetto corrisponde attualmente al livello EIP del percorso €FPA e ne ripropone fedelmente i contenuti di base. Livelli più sofisticati, come €FA E €FP, corrispondono a riconoscimenti di natura qualitativa.

10. Cosa accadrà ai soggetti che al momento svolgono quest’attività, ma in quel momento non avranno le certificazioni richieste?

Stando agli orientamenti dell’ESMA, essi non potranno dialogare in materia di servizi e strumenti finanziari con la clientela; restano ovviamente le operatività bancarie e assicurative estranee alla Direttiva.
Nel caso peggiore, i soggetti impreparati potrebbero essere esclusi dall’intermediazione finanziaria, limitandone l’azione a supporto dei soggetti idonei.
In tale contesto, il ritardo del Governo sul suo Decreto, obbliga la Consob a ritardare il proprio regolamento applicativo e crea confusione organizzativa negli intermediari.
Le soluzioni necessarie sono chiare, ma non posso affermare con certezza che chi fosse in ritardo non eserciterà pressioni per non dover rispondere ad un’immediata entrata in vigore a ciclo completo della normativa.
Sottolineo che i maggiori Paesi comunitari presentano situazioni talvolta più compatibili con le normative e sarà complesso ottenere rinvii.

11. Secondo la sua esperienza, quale sarà l’impatto che avrà questa normativa sulle banche e sui clienti?

Un primo impatto sarà una reputazione qualitativa più facilmente qualificabile per i clienti più aperti a soluzioni innovative; inoltre, ci sarà una reazione meno attiva da parte della massa maggiore della clientela stessa, che è ancora lontana dai principi anche generali della consulenza.
È importante ricordare che la clientela non ama approfondire la comunicazione in merito ai bisogni, la sua situazione economico-finanziaria e fare un’autovalutazione delle proprie conoscenze, aspetti, questi, alla base dell’adeguatezza alla norma.
Le banche e il loro personale dovranno superare la ritrosia delle classi più anziane o tradizionaliste, desiderose di prodotti e servizi più “elevati”, ma non disponibili alla comunicazione in tema di risparmio e investimenti.
Questo profilo non è disegnato dalla direttiva e dagli orientamenti; va gestito con un’idonea strategia degli intermediari e dalla bravura degli interlocutori dedicati.

12. In termini di product governance e target market, come si potrà stabilire un flusso informativo virtuoso e coerente con la normativa tra produttore e distributore operante su mercati diversi?

Tutte le informazioni e i dati relativi al prodotto o agli strumenti sono di competenza dell’emittente; tutte le informazioni e i dati relativi ai servizi di gestione e di consulenza sono di competenza dell’intermediario. La tendenza è di non aver più situazioni in cui due attori diversi condividono il soggetto economico, poiché sarebbe alto il rischio in caso di insoddisfazione del cliente qualora ci fossero incompletezze o irregolarità nella gestione dei rapporti.
Inoltre, la product governance richiede di impostare a monte le scelte degli intermediari al momento della offerta dei propri strumenti/servizi con un’adeguata informazione preventiva; un nuovo modello rispetto alle scelte di moda del passato (l’effetto paillettes suggerito dalla finanza comportamentale.
Per le questioni transfrontaliere, mi stupirei di difficoltà specifiche nell’ambito comunitario.
In merito alle scelte di portafoglio, ogni asset manager deve internazionalizzarsi, cosa che avviene sempre me, o così pare, stando alle evidenze degli ultimi semestri.

13. Si aspetta che i requisiti necessari di conoscenza dei prodotti offerti indurranno i soggetti a ridurre la complessità e diminuiscano il numero di strumenti o fondi in distribuzione?

Saranno necessari prodotti semplici per una clientela idonea in accordo con i nuovi questionari MiFID2.
I prodotti più strutturati sono comunque in crisi di offerta. In questa fase storica, la propensione al rischio è bassa e l’avversione alta.
Ho un dubbio in prospettiva che esprimo anche come auspicio per un ciclo economico e finanziario differente da quello degli ultimi 10 anni: come trattenere la clientela quando i mercati fossero ampiamente positivi e la maggior parte di essa sia classificata come non idonea perla maggior parte delle soluzioni più redditizie? Con MiFID2, l’intermediario assume forti responsabilità verso i propri clienti in caso di variazione dei profili in tempi troppo vicini alle modifiche in crescita del rischio implicito nei portafogli. Come potrò accettare di essere non idoneo per un investimento che altri possono effettuare e che porta evidenti vantaggi in termini di risultato in quel determinato momento?

SIMONA BRUSON

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