Il mondo della consulenza finanziaria sta vivendo un momento di forte trasformazione, anche perché con il recepimento della Mifid II il contesto operativo, dove i professionisti di settore si muoveranno, sarà profondamente diverso. Stanno, difatti, per essere oggetto di modifiche le principali norme che regolano e governano il mercato.
Alcune di esse sono già state oggetto di valutazione, mentre altre sono ancora in fase di consultazione. Ma una cosa è certa: il quadro normativo che si sta delineando pone sempre al centro il cliente.
«Obiettivo che viene realizzato attraverso due diverse modalità: la tutela dell’investitore (l’investor protection dichiarata da Mifid) e il “servire al meglio gli interessi del cliente” (previsto dalle Linee guida Esma in materia di consulenza finanziaria)», spiega Giuseppe Capobianco, Direttore Generale dell’ Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei Consulenti Finanziari (OCF).
«In particolare da gennaio 2018 si prevede che la Mifid 2 e gli Orientamenti Esma regolino ogni aspetto della consulenza finanziaria, coinvolgendo in una visione organica e unitaria il legislatore europeo e le autorità nazionali e l’industria connettendo, in modo virtuoso, chi produce e chi distribuisce prodotti finanziari (product governance), chi eroga servizi di consulenza e chi è chiamato a vigilare su tutto ciò (product intervention)». La Mifid II prevede, inoltre, che il personale che eroga il servizio di consulenza abbia un adeguato livello di competenza e conoscenza professionale.
«Il nuovo regolamento, infatti, non solo prevede specifici requisiti di qualificazione e di esperienza ma anche una differente formazione del personale che rilascia informazioni finanziarie rispetto a quello che eroga la consulenza».
Qual è l’intento del legislatore?
Intervenire sulla materia senza lasciare zone grigie, identificando e prevenendo i conflitti d’interesse avendo sempre come suo obiettivo principale la tutela dell’investitore.
Per ché diventa sempre più importante per un investitore affidarsi a un consulente finanziario?
A questa domanda si può rispondere a due livelli.
Il primo, certamente intuitivo, è che oggi il mondo degli investimenti è diventato molto complesso, si è passati dalla gestione del rischio (sempre possibile e quantificabile) a quella dell’incertezza (per sua natura mai determinabile ex ante), le dinamiche dei mercati sono meno leggibili e più decorrelate, i risparmiatori mediamente non conoscono gli strumenti finanziari a loro volta sempre più sofisticati. Conseguentemente la gestione “fai-da te” dei propri investimenti può essere davvero molto rischiosa.
E il secondo?
A un livello più analitico è fondamentale il ruolo del consulente finanziario che è in grado di comprendere e far emergere i bisogni reali, quelli attuali e quelli soprattutto futuri che ancora magari non si è in grado di mettere a fuoco. È in grado inoltre di mettere in relazione i nostri obiettivi personali o famigliari con la nostra effettiva capacità finanziaria di raggiungerli.
Non a caso per la prima volta, e secondo me siamo di fronte a un evento epocale, il legislatore (cfr. gli Orientamenti Esma ai punti 17 e 18), si occupa anche delle competenze relazionali stabilendo che l’intermediario autorizzato deve verificare regolarmente che il personale addetto alla prestazione di servizi di consulenza dimostri: la capacità di porre al cliente domande pertinenti al fine di comprendere e valutare i suoi obiettivi d’investimento, la sua situazione finanziaria e le sue conoscenze ed esperienza; la capacità di spiegare al cliente le caratteristiche di rischio e rendimento di un particolare prodotto o di una particolare strategia.
Quindi la capacità di comunicare in modo efficace diventa uno de gli skill più importanti per un consulente?
Esatto. Per certi versi è tornata in auge la formazione su aspetti comunicazionali, che ha caratterizzato il settore della promozione finanziaria negli anni ’80, con la differenza sostanziale che oggi e ancor di più domani le competenze relazionali debbono completare un elevato profilo tecnico specialistico dal quale un professionista della consulenza finanziaria non può (anche per legge) prescindere.
Il nuovo conte sto normativo quali vantaggi porta per i clienti e per i consulenti?
Il primo e più rilevante vantaggio è, come detto precedentemente, servire al meglio il cliente, che si raggiunge anche grazie ai presidi e alle regole che governano gli ambiti operativi del mercato.
Inoltre l’adeguato livello di conoscenza del client da parte del consulente finanziario comporta, necessariamente, una comunicazione efficace con il cliente stesso. Si evidenzia, così, in modo definitivo il ruolo e la funzione sociale assolti dal consulente finanziario: far emergere i bisogni reali del cliente aiutandolo a non attuare comportamenti irrazionali e assistendolo, nel tempo, monitorando il suo portafoglio e, se il caso, consigliandolo secondo le mutate condizioni e necessità.
Il secondo vantaggio, invece, è creare i presupposti per ristabilire un clima di fiducia, la più importante variabile critica e fattore di vantaggio competitivo che risulta seriamente compromesso sin dal 2008.
Una bella sfida …
Indubbiamente. Per vincerla è necessario avere da un lato un consulente esperto e qualificato, soggetto annualmente a precisi obblighi formativi, dall’altro un cittadino che sia in grado di: valutare il suo consulente finanziario, individuare un arco temporale degli investimenti che intende sottoscrivere, rappresentare i suoi bisogni e le sue reali disponibilità. A tal fine il legislatore italiano ha istituito, nel 2017, il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria con il compito di predisporre e attuare il piano per la «Strategia nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale».
Un risparmiatore consapevole e partecipe delle scelte economiche favorisce la crescita civile ed economica della società e migliora il rapporto di fiducia tra mondo economico e cittadino.
ARTICOLO TRATTO DA FinRoad MAGAZINE; settembre 2017
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