Un profitto o un guadagno improvviso e inaspettato rappresentano la definizione corrente del windfall effect. Si può verificare un guadagno, ad esempio, quando una società fa un annuncio a sorpresa circa il proprio business e il valore (o meglio il prezzo) della sua azione cresce in modo significativo. Le aziende possono sperimentare guadagni quando la domanda per i loro prodotti cresce per un motivo non programmato; per esempio, un anno particolarmente piovoso per un produttore di ombrelli; i privati cittadini quando percepiscono un’eredità o vincono una lotteria.

I windfall gains o guadagni improvvisi sono comunque per loro natura transitori ed estemporanei, nonché slegati dall’equilibrio generale micro o macroeconomico. In alcune legislazioni tributarie, vi sono tuttavia normative specifiche per tassare i profitti “windfall”, proprio perché “diversi” dalla normalità.

Per quanto riguarda le dinamiche comportamentali in materia di redditi e capacità di consumo imprevisti, la permanent income hypothesis presume che la propensione marginale al consumo collegata a redditi improvvisi e non duraturi sia uguale a zero. Soltanto la ripetizione continuativa di tali introiti può favorire lo sviluppo di una maggiore spinta verso il consumo.

Tale concetto economico, originariamente proposto da Milton Friedman, è contraddetto dalla teoria del permanent income hypothesis che postula un effetto sui consumi influenzato anche dai redditi imprevisti (impostazione suggerita da Ronald Bodkin). Per opportuna completezza ricordiamo che questi studi risalgono al 1959. Non è certo compito di questa rubrica proporre pure ipotesi teoriche, ma può essere utile rileggere le teorie affiancandole con alcuni provvedimenti di politica economica windfall suggeriti negli ultimi anni per stimolare l’uscita da cicli recessivi e crisi occupazionali:

l’helycopter money, suggerimento provocatorio dello stesso Friedman per l’economia cilena, ovvero il lancio di denaro sulla popolazione direttamente dagli elicotteri;

– la proposta degli 80 euro applicata in Italia dal Governo Renzi nel 2014;

– il reddito di cittadinanza, applicato in diversi Paesi e attualmente in costruzione in Italia.

Il modello di comportamento rilevato nei primi due casi già applicati evidenzia il seguente sviluppo:

  • i primi flussi di denaro introdotti sul mercato sono generalmente accantonati, ritenendoli non certi nel futuro;
  • quelli successivi vengono utilizzati per coprire alcune spese (specialmente debiti) cumulate in precedenza (rate o bollette); effetto backward-looking;
  • ulteriori flussi successivi, finalmente, vengono dedicati ad accrescere la spese correnti, acquisendo la convinzione che essi siano ormai divenuti permanenti; effetto forward-looking;
  • superata questa fase intermedia, la componente propulsiva viene a mancare e i consumi si stabilizzano; la misura di politica economica perde effetto e reclama ulteriore propulsione per non disperdersi – effetto acquisizione del reddito;
  • l’eventuale interruzione (evento previsto per diversi motivi in tutte le esperienze) comporta in genere un effetto recessivo con impatto psicologico negativo sui soggetti prima beneficiari e poi “percossi”.

Indipendentemente da ogni valutazione politica, l’economia – per quanto essa vale come scienza composita fra tecnica e comportamenti sociali – suggerisce attenzione verso la messa a disposizione di flussi di reddito non supportati dal fattore lavoro, né da investimenti o dalla prospettiva di consolidamento strutturale della disponibilità dei redditi. Ne sono un esempio, gli scenari che hanno contraddistinto i boom economici italiani, dell’Europa dell’Est e dei Paesi BRIC. Un campione sufficiente per essere valutato come significativo.

Articolo pubblicato su Mente & Finanza a cura di Giuseppe G. Santorsola, Professore Ordinario di Corporate Finance e Corporate & Investment Banking, Università Parthenope di Napoli.

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