Il cantiere per una nuova riforma delle pensioni è stato ufficialmente aperto dalla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, e Cgil, Cisl e Uil che si sono incontrati il 27 gennaio 2020 per avviare il confronto istituzionale. Sul tavolo ci sono tanti temi: dalle alternative a Quota 100, alla pensione contributiva di garanzia per i giovani, al futuro di Opzione donna fino all’APE sociale che la legge di Bilancio 2020 ha prorogato di un anno. In attesa di capire quali saranno gli sviluppi sulla nuova riforma delle pensioni scopriamo quali sono le possibilità di chiedere un anticipo sulla pensione prima di aver maturato i requisiti necessari. In particolare, per quanto riguarda l’Ape, ovvero Anticipo Pensionistico, esistono tre possibilità:

  • APE Sociale: anticipo pensionistico a carico dello Stato erogato a soggetti che rientrano in alcune categorie, hanno almeno 63 anni e non percepiscono pensione diretta
  • APE Volontario: anticipo pensionistico destinato a lavoratori che hanno almeno 63 anni, contribuito per 20 e che maturano entro 3 anni e 7 mesi il diritto alla pensione di vecchiaia
  • APE Aziendale: prestito concesso a lavoratori che hanno i requisiti per l’Ape Volontario e che interrompono il rapporto con l’azienda datrice di lavoro o rientrano in un piano di ristrutturazione aziendale prima della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia.

Ape: chi può richiederlo e come

Possono fare richiesta di APE sociale tutti lavoratori dipendenti (del settore pubblico o privato), ai lavoratori autonomi o ai parasubordinati iscritti alla Gestione Separata INPS, che si trovino in una delle condizioni di particolare tutela individuata dal legislatore. Prerequisito fondamentale, oltre a non essere già titolari di pensione diretta né in Italia né all’estero, è poter far valere un minimo di 30 anni di contributi.

In particolare possono accedere:

  • i disoccupati licenziati che abbiano esaurito integralmente la prestazione per disoccupazione o mobilità da almeno 3 mesi;
  • i soggetti che assistano, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (legge n. 104/1992) e, dal 2018, anche un parente o un affine di secondo grado convivente;
  • le persone che hanno i genitori o il coniuge con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  • gli invalidi civili che presentino una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti Commissioni sanitarie, almeno pari al 74%;
  • i lavoratori dipendenti che svolgano da almeno 7 anni negli ultimi 10, oppure almeno 6 anni negli ultimi 7, attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento (operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici; conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni; conciatori di pelli e di pellicce; conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante; conduttori di mezzi pesanti e camion; professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche; ospedaliere con lavoro organizzato in turni; addetti all’assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza;  professori di scuola pre-primaria; facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati; personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia; operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti; operai siderurgici; braccianti agricoli; lavoratori marittimi; pescatori.

Articolo pubblicato su Patrimonia & Consulenza 

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