La crisi alimentare resa evidente dalla guerra Russia-Ucraina ha radici più profonde. Secondo il World Food Programme 276 milioni di persone in tutto il mondo non avevano cibo a sufficienza all’inizio del 2022. A questi se ne dovranno aggiungere altri 47 milioni se il conflitto in Ucraina dovesse continuare. La stima è di McKinsey e si basa sull’analisi del mercato delle granaglie che a livello globale contribuiscono a circa il 60-70% dei prodotti agricoli globali.
In particolare, dall’area Ucraina e Russia arriva il 30% delle esportazioni globali di grano e del 65% di girasole. Se il conflitto durasse fino a fine 2022 potrebbero scomparire tra 19 milioni e 34 milioni di tonnellate di produzione da esportazione di granaglie quest’anno.
La conseguenza immediata è l’aumento del prezzo delle granaglie da cui dipende l’alimentazione di 60-150 milioni di persone a livello globale. Il mondo, in una certa misura, sembra impreparato alla crisi che si sta verificando ora. Un’eccezione è la Cina, che dal 2008 ha notevolmente aumentato la sua riserva strategica alimentare di oltre il 70%.
Il conflitto ucraino è solo uno degli elementi combinati che stanno influenzando l’andamento della food economy globale. La crisi alimentare ha radici più profonde che sono cominciate con la pandemia.
La prima è strettamente collegata al climate change ed è la scarsità di acqua che impatta direttamente sul settore agricolo. La seconda è la scarsità di risorse connesse a tutte le attività produttive e l’interruzione nella catena distributiva dovuta alla crisi energetica.
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