La riforma previdenziale in senso contributivo è penalizzante rispetto al passato. Ragione per cui i sistemi di risparmio a lungo termine con obiettivo di integrare il futuro reddito pensionistico assumono sempre più importanza.

  • I lavoratori dipendenti hanno accesso a fondi pensione di categoria, i quali – oltre all’aggiunta della contribuzione datoriale – offrono la possibilità per il lavoratore di conferirvi anche il proprio TFR.
  • I lavoratori autonomi che, a causa di una minore contribuzione obbligatoria, rischiano di veder ridimensionato il proprio reddito pensionistico, rispetto a quello lavorativo, anche del 50%, non hanno accesso ai fondi pensione di categoria.

Per i lavoratori autonomi, e per chiunque voglia iscriversi a un’ulteriore forma di previdenza integrativa, esistono i Piani di Risparmio Individuali, PIP, che prevedono versamenti volontari e periodici a un fondo pensione aperto che a sua volta investe in portafogli di asset finanziari diversi a seconda della tipologia di fondo. Alla fine del periodo sottoscritto, il titolare riceverà una rendita vitalizia oppure il capitale maggiorato degli eventuali rendimenti maturati in un’unica soluzione. Eventuali perché il fondo pensione non offre certezza di un rendimento, sebbene il lungo termine, tipico di un fondo pensione, in genere offra maggiori chance. Esistono anche forme di PIP con garanzia di rendimento minimo ma, come si può immaginare, questa soluzione è onerosa.

I vantaggi del Fondo pensione sono sicuramente il lungo termine che in passato ha mostrato di dare rendimenti e la deducibilità dall’imponibile Irpef fino a un massimo di 5.164,57 euro l’anno. Inoltre i rendimenti vengono tassati al 20% invece del 26% previsto su altri strumenti finanziari e il capitale investito è esente da imposta di bollo del 2%. La pensione integrativa finale maturata grazie al Fondo Pensione è tassata al 15%, con una riduzione dello 0,30% all’anno per ogni anno di permanenza nel fondo pensione oltre il quindicesimo, fino a un’aliquota minima del 9%.

In sostanza quindi, chi ha un lungo termine davanti prima della pensione, potrebbe trovare interessante investire in un PIP, magari limitando la quota annuale di capitale investito intorno ai 5mila euro potendo così dedurla totalmente dal reddito.

Un’altra soluzione possibile in alternativa o a integrazione del reddito da pensione pubblica per un lavoratore autonomo è il PAC, Piano di accumulo, ovvero una soluzione per investire, anche con piccoli capitali attraverso versamenti periodici e costanti, in strumenti finanziari come fondi comuni o ETF. La diluizione dell’investimento nel tempo grazie alla logica dei piccoli investimenti fissi e costanti, prescindendo dai prezzi, agisce come calmiere della volatilità (e quindi tende a normalizzare i costi di entrata nel tempo) oltre che di “calmante” della naturale emotività legata al denaro, limitando il rischio timing, cioè il rischio molto comune di entrare o uscire dagli investimenti nel momento meno opportuno. Purtroppo però, man mano che passa il tempo, l’effetto normalizzante sui costi di entrata diminuisce, esponendo l’investitore, specie in fase finale del periodo di investimento quando l’orizzonte temporale residuo è corto, a maggior rischio in caso di brusco ribasso dei mercati.

I rendimenti dei PAC sono tassati al 26% e il capitale investito non gode di agevolazioni fiscali.

Ma i PAC, oltre rappresentare un accesso ai mercati finanziari per i piccoli risparmiatori, offrono altri vantaggi. Tra tutti, la flessibilità: sia nel senso che si può interrompere o sospendere per un periodo di tempo il conferimento di capitale, sia nel senso che il PAC è liquidabile in breve tempo rispetto ai Fondi Pensione, sia infine che è possibile personalizzare il portafoglio di investimento, adeguandolo al proprio profilo, a fronte di una maggiore rigidità dei Fondi pensione che si possono scegliere solo in base a portafogli predefiniti. Della maggiore rigidità dei Fondi Pensione fa parte anche l’opzione di riscatti e anticipazioni solo in alcune particolari condizioni, come acquisto della prima casa, malattia grave o perdita del lavoro, e la difficoltà di disinvestire a breve. Inoltre, i Fondi pensione potrebbero essere più costosi.

Riassumendo, il PAC può essere indicato per chi voglia crearsi un fondo per affrontare future spese importanti – come gli studi dei figli o l’acquisto di una casa – o una riserva con un orizzonte temporale lungo, senza però precludersi la possibilità di svincolarsi in tempi rapidi se se ne presentasse la necessità.

Testo a cura di Emanuela Notari

Diritto d’autore: Foto di Susan Q Yin su Unsplash

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