“La psicologia umana inietta un bel po’ di extra rischio nel mondo”. E’ un’affermazione che, secondo l’emittente americana CNBC, ha fatto Hersh Shefrin, esperto di finanzia comportamentale e professore della Santa Clara University a proposito del crollo della Silicon Valley Bank. È ciò che vediamo regolarmente quando scoppia una bolla, o qualcuno agita la paura in mezzo alla folla accalcata da qualche parte. Oppure quando l’equipaggio di un battello si sposta all’unisono su un bordo. La barca si capovolge e affonda.

È successo tante volte e il meccanismo è sempre lo stesso. Siamo animali gregari, facciamo quello che fanno gli altri perché nella storia umana questo comportamento ci ha salvati da belve feroci e nemici in avanscoperta. Siamo così poco razionali, al contrario di quanto pensava l’economia classica, che non ci fermiamo nemmeno un secondo a chiederci se siamo davvero in pericolo.

Tra chi è scappato dalle banche americane in queste settimane c’è anche chi aveva depositi inferiori al tetto di 250.000 dollari e quindi protetti dalla garanzia del Governo degli USA. Più delle regole di tutela poté la mentalità gregaria? Sicuramente la nostra tendenza al consociazionismo emotivo è consolidata ulteriormente dalla sensazione che, dopo il Covid e in piena guerra novecentesca nel cuore d’Europa, non ci sia più tanta differenza tra ciò che è probabile e ciò che è improbabile, ciò che è possibile e ciò che si credeva impossibile, allargando lo spettro dei rischi e aumentando il senso di precarietà.

Il nostro cervello individuale è connesso in modalità bluetooth con quello dei nostri simili e in special modo quando si tratta di denaro. Al comportamento gregario si associa infatti il timore di fare la figura dello scemo, che tutti gli altri si salvino e tu affoghi sotto lo sguardo di commiserazione della collettività. È ciò che, al contrario di qualunque ragionamento razionale, ci fa vendere un titolo al ribasso e comprarne uno in rialzo. Non sia mai che lo faccia il mio vicino e io rimanga al palo. Nelle ultime settimane abbiamo fiutato il pericolo come l’afrore di una bestia selvatica e abbiamo corso per ritirare i nostri soldi, pur sapendo che nessuna banca tiene i nostri soldi fisicamente in tasca e che questa corsa irrazionale li avrebbe messi più in pericolo di quanto già non fossero. Così la paura collettiva si trasforma in una profezia che si auto-avvera provocando il disastro da cui tutti scappavamo.

Crisi bancarie: la sindrome dell’assimetria informativa

Non solo i risparmiatori, però, peccano di superficialità e di emotività. Chi sceglie di accorpare i risparmi della stessa tipologia di aziende, start up tecnologiche, nella stessa pancia infischiandosene della regola della diversificazione non è da meno. Così come chi investe tutto nelle stesse obbligazioni a lungo termine mentre inflazione e tassi sono a un basso storico da lungo tempo: scommette sulla tenuta futura di un trend già maturo, esattamente come chi vende un’azione in discesa o compra un titolo in salita. Aggiungiamo anche chi, facendo il mestiere di banca, conduce attività di lobby sui politici per spingere i governi ad allentare la regolamentazione di tutela del risparmio che negli USA è già più lasca di quella europea.

C’è un ultimo elemento da considerare nella disamina di ciò che è accaduto: la sindrome da asimmetria informativa, dice CNBC. Teorizzato nel 1977dall’economista statunitense George Akerlof, marito dell’attuale Segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen, e argomentato nel suo paper “The market of lemons”, il fenomeno si riferisce alla asimmetria informativa tra venditori e compratori – tipica del mercato dell’usato dove tutti compriamo pur non disponendo di informazioni sulla reale qualità dell’oggetto e sospettando la magagna nascosta: il mercato espella i prodotti di buona qualità per assestarsi su una qualità medio-bassa che coincide con l’atteggiamento mentale dei compratori. Nel caso SVB i risparmiatori, non potendo contare su informazioni circostanziate, si sono comportati come i compratori delle auto usate (lemons, catorci), giudicando di qualità medio-bassa le finanze della banca e decidendo di scappare tutti insieme.

Per analisi approfondite sulle cause della recente crisi di alcune banche – americane ma anche europee – dobbiamo affidarci agli esperti di analisi finanziaria che affollano in questi giorni i mezzi di informazione, scoprendo che ognuna ha speso una propria ricetta di fallimento. Il che tutto sommato è un bene, perché significa che la crisi non è destino comune. Quel che resta uguale per tutti è la nostra tendenza ad adottare scorciatoie che by-passano la riflessione, il ragionamento, attraverso comportamenti istintivi sincronici, in una parola gregari, alla faccia della natura sapiens.

Testo a cura di Emanuela Notari

Diritto d’autore: Foto di Alina Grubnyak su Unsplash

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