C’è un movimento incessante e continuo che ci riguarda tutti e non è quello della terra sul proprio asso o intorno al sole. È il cambiamento. Ma il cambiamento non è discutibile, fa parte della complessità delle società contemporanee, e la velocità è la malattia di questa epoca. Stiamo dando troppa importanza alla velocità diceva qualcuno in un recente dibattito sul tema. E una società che ha un debole per la velocità tende a svilire il contributo dei meno giovani, facendo coincidere la vecchiezza con la lentezza, senza mai chiedersi se chi è lento non lo sia magari perché riflette. Mi viene in mente una frase sentita pronunciare da un filosofo che mi guadagnerà non poche antipatie – “ignorante perché rapido, rapido perché ignorante”. Meglio chiarire subito che ignorante qui non viene usato nel senso dell’insulto ma nel suo senso etimologico, soggetto che ignora.
Ignorante perché rapido. Cosa vuol dire? Che la velocità non si concilia con la riflessione?
Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia, ha scritto il saggio Pensieri lenti e pensieri veloci con il quale ci ha spiegato che le due tipologie di pensiero convivono più o meno pacificamente nel nostro cervello, come, rispettivamente, sistema di pensiero 2 e sistema di pensiero 1, perché si sono dati ruoli diversi. Il pensiero lento, sistema 2, è il pensiero ragionato, quello che soppesa, che correla, che attinge a diversi cassetti della nostra esperienza di vita. Per fare questo esercizio serve una gran quantità di energie e se utilizzassimo questo sistema ogni momento della nostra giornata non arriveremmo interi a sera. Così riserviamo il sistema 2 alle cose complesse e utilizziamo il sistema 1, quello veloce, per tutto il resto. Per risparmiare energie.
Il sistema 1 è istintivo, rapido, salvavita e infatti viene da molto lontano. È quello che ci ha permesso di sopravvivere in epoche del passato molto pericolose, basato su istinti e automatismi.
Per la nostra evoluzione sono serviti entrambi. La tecnologia applicata di oggi esaspera la velocità ma offre capacità computazionali da Einstein: praticamente un sistema 2 all’ennesima potenza, con la velocità di un sistema 1 da podio. E’ sufficiente per assolverla? No, non basta per dirci salvi dal rischio che la nostra società metta al primo posto la velocità, con il risultato di perdere l’abitudine al pensiero ragionato. E qui viene in ballo la seconda parte dell’assioma, ignorante perché rapido, rapido perché ignorante. Ignorante è più leggero, si fa meno domande, e quindi corre di più e in una società che premia la velocità questo è pericoloso. La mitizzazione di tutte le forme di velocità è in realtà l’apologia di tutte le scorciatoie per ottenere prima ciò che si desidera. E prima lo ottieni, prima si libera il posto per un altro desiderio da soddisfare subito.
Serve velocità per essere competitivi in un mondo accelerato. E serve la flessibilità mentale di chi non è ancora affezionato ad alcune formule note che tenderebbero a forzarlo verso cammini troppo battuti ed è disposto ad avventurarsi nel non ancora noto. Ma serve anche la capacità di scegliere quando vale la pena rallentare.
Testo a cura di Emanuela Notari
Diritto d’autore: Foto di Maico Amorim su Unsplash