Cosa succede se si allunga una delle due parti di un’altalena a bascula? Che il peso necessario per bilanciarla cambia oppure bisogna cambiare il punto di equilibrio.
Bene, immaginiamo che l’altalena rappresenti il nostro ciclo di vita e che una parte, quella che va dall’età matura alla vecchiaia, continui ad allungarsi, come di fatto accade con il continuo aumento dell’aspettativa di vita. Come cambia di conseguenza il nostro ciclo di vita? Dove si colloca il punto di equilibrio?
Dal 1948 ad oggi abbiamo guadagnato 20 anni di vita in più che si sono collocati in parte nella fascia gialla dell’immagine, quella della maturità, scalzando l’età della vecchiaia, di fatto, ben oltre i 65 anni e in parte nella fascia rossa allungando la vita. È il frutto della longevità, del progresso della medicina e del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Il risultato è una vecchiaia lunga 20-25 anni, presto 30.
Per contro, bisogna dire che l’evoluzione della società in momenti diversi ha “stirato” anche la fase che interessa il tempo della giovinezza: nella seconda metà del 900 abbiamo inventato l’adolescenza, che prima non esisteva. Eri bambino fino a quando non imbracciavi il fucile e dal quel giorno eri un uomo. Per le donne valeva la prima gravidanza, altrettanto precoce.
La scolarizzazione di massa e il benessere hanno creato un’età cuscinetto tra l’infanzia e l’età adulta, nella quale la cultura comune si adopera per tutelare il giovane: diritto allo studio e proibizione del lavoro minorile.
Nell’ultima parte del ‘900, poi, le incertezze del mercato del lavoro e le varie crisi economiche hanno provveduto a stiracchiare anche la fase del debutto nell’età adulta. Difficoltà a trovare un lavoro retribuito decentemente e mercato degli affitti quasi proibitivo hanno così spostato più in là la fase dell’autonomia al punto che l’età media di uscita dalla famiglia natale è ormai 30 anni e la nascita del primo figlio (spesso anche l’unico) 32.
Quindi, fino ad oggi abbiamo bilanciato la longevità modificando gli stili di vita. Ma alcuni di questi cambiamenti suggeriscono che non si può andare avanti stiracchiando il nostro modello di vita e che è ora di cambiarlo più radicalmente per rendere sostenibile il continuo aumento della lunghezza della vita. O almeno aprirsi a concepirlo in modo più flessibile.
Come potremmo altrimenti sostenere 30 anni di dipendenza dalla famiglia e altri 20 anni almeno di dipendenza dal sostegno del sistema previdenziale. Cinquant’anni improduttivi in un’economia di 83/85 è impensabile.
Se non si può davvero accedere al lavoro fino a 30 anni, per consentire la creazione di un risparmio sufficiente a sostenere la fase matura della vita e a integrare il reddito pensionistico in vecchiaia, non potremo che mettere mano all’età lavorativa. Probabilmente l’età pensionistica continuerà a slittare per effetto dell’aumento della longevità: lavoreremo fino a 70-75 anni, forse quando la vita sarà mediamente di 100 anni anche fino a 80, ma questo sarà possibile solo alternando lavoro full-time a lavoro part-time per conciliare professione e formazione (d’altronde qualcuno può pensare che la formazione scolastica dei primi 25 anni sia ancora sufficiente a 50-60-70 anni in un mondo che evolve a questa velocità?). Alternando lavoro e cura della famiglia (bambini e grandi anziani), ma anche la distribuzione del caregiving familiare tra uomini e donne, o altrimenti le donne non ce la faranno mai ad avere una vita professionale reale e una contribuzione congrua. La nostra economia, in un Paese dove la quota di anziani è in continuo aumento, non può rinunciare al Pil che verrebbe prodotto da una maggiore occupazione femminile, come presto sarà chiaro che non potrà fare a meno del contributo dei lavoratori più senior.
La transizione tra lavoro e pensionamento avverrà in modo più graduale, passando attraverso part-time, consulenze, esperienze di piccola imprenditoria, persino ritorni temporanei al lavoro, a scelta dell’ex lavoratore, per progetti specifici di mentorship o nei quali si richiedano le sue preziose competenze.
Si miglioreranno le condizioni di lavoro perché il lavoro possa integrarsi negli equilibri di vita, invece di opporglisi.
La centralità che l’individuo ha assunto nella società occidentale e il continuo crescere dell’aspettativa di vita portano inoltre a perpetuare e moltiplicare la ricerca di sé, nuovi equilibri e nuove esperienze, con un aumento delle unioni informali e dei divorzi che non sono disdegnati nemmeno in età già mature: se la vita dura tanto, val la pena di riprovarci ancora e ancora…
Così quando sarebbe ora di tirare i remi in barca, ci si deve impegnare con un nuovo ciclo familiare, decumulando parzialmente quanto si era cumulato e prolungando l’età lavorativa per sostenere gli impegni. Oppure decumulando parzialmente per anticipare parte di un’eredità che rischia di arrivare fuori tempo massimo.
Implicitamente stiamo già accettando di riconfigurare il ciclo di vita in senso ciclico.
Periodi di accumulo di esperienze e periodi di uso di esperienze. Periodi di accumulo di risparmio e periodi di decumulo saranno la norma e la vita sarà sempre più un circolo. Vizioso o virtuoso sta a noi e alle nostre capacità di pianificarla su un orizzonte sempre più vasto, senza irrigidirci di fronte ai cambiamenti.
Testo a cura di Emanuela Notari
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