Il 3 gennaio 2018 è una data destinata a entrare nella storia della finanza e dell’economia europea. Quel giorno, infatti, entrano in vigore i cambiamenti normativi previsti dalla Direttiva sugli strumenti dei mercati finanziari, conosciuta come Mifid II, elaborata come risposta alla crisi finanziaria globale del 2008.
Una rivoluzione che interessa le società di produzione, distribuzione e negoziazione di strumenti finanziari in Italia e in tutta l’Unione Europea. In questi ultimi mesi, dunque, c’è stato, e c’è, un gran fermento nei singoli Paesi UE impegnati ad adeguare le regole previste oggi per gli intermediari finanziari in base a quanto previsto dalla nuova normativa, che ha come obiettivo principe il miglioramento della trasparenza dei mercati finanziari e l’incremento del livello di tutela degli investitori.
In tale contesto, la Mifid II introduce regole specifiche in materia di product governance e product intervention nonché nell’ambito della consulenza in materia di investimenti.
Ma in che termini cambia la normativa in vigore?
«La Mifid II rafforza la tutela informativa del cliente imponendo agli intermediari nuove regole di condotta e nuovi modelli organizzativi nella fase di distribuzione», spiega l’Avvocato Giulio Poggioli dello Studio legale CMS Adonnino Ascoli & Cavasola Scamoni.
«Ad esempio, i dipendenti di un intermediario che forniscono consulenza al cliente dovranno essere in possesso di specifiche conoscenze e competenze necessarie per adempiere agli obblighi informativi previsti dalla Mifid II. L’intermediario distributore, infatti, è generalmente soggetto distinto dalla società che ha concepito il prodotto e pertanto il legislatore europeo si è preoccupato di imporre al distributore di conoscere gli strumenti finanziari offerti o raccomandanti e di valutare la compatibilità di tali strumenti con le esigenze del cliente. L’intermediario sarà quindi tenuto, tra le altre cose, a organizzare corsi di formazione al fine di incrementare la professionalità del proprio personale», precisa Poggioli, specializzato in diritto finanziario con una consolidata esperienza nel settore del risparmio gestito alle spalle.
Ma con la nuova normativa viene anche rafforzato l’obbligo dell’intermediario di individuare la capacità del cliente di fronteggiare eventuali perdite nonché verificare con esattezza la sua propensione al rischio.
INCENTIVI SOTTO CONTROLLO
Allo stesso tempo, la MIFID II incide sul sistema degli incentivi corrisposti ai consulenti finanziari
abilitati all’offerta fuori sede (ex promotori finanziari). «Il legislatore europeo ha previsto, infatti, un divieto agli incentivi alla vendita di prodotti solo perché più “convenienti”, a meno che non decidano di utilizzarli per migliorare la qualità dei loro servizi verso i clienti. In pratica la nuova normativa vuole impedire la vendita alla clientela retail di strumenti finanziari per il solo fatto che garantiscono commissioni più elevate ai professionisti del settore», incalza Poggioli.
E non a caso. «In passato spesso un prodotto finanziario veniva distribuito non tanto per le sue qualità
intrinseche o perché fosse effettivamente utile per una determinata tipologia di clientela, ma sulla base
di ragionamenti di tipo economico che facevano leva sul ritorno commissionale per l’intermediario o per il promotore finanziario», prosegue l’Avvocato Massimo Trentino, anch’egli dello Studio legale CMS Adonnino Ascoli & Cavasola Scamoni.
RISPARMIATORI PIU’ TUTELATI
Sempre nell’ottica di proteggere il risparmiatore, inoltre, la Mifid II introduce una nuova forma di tutela definita product governance, grazie alla quale le società che sviluppano prodotti finanziari (le cosiddette “società-prodotto”), saranno tenute a identificare la tipologia di clientela e il relativo mercato di riferimento per il quale il prodotto è stato concepito.
«In questo modo la tutela del cliente non si limita al suo rapporto con l’intermediario, ma si estende a
“monte” con il coinvolgimento della società-prodotto che sarà tenuta a garantire che il prodotto finanziario
risponda alle esigenze di una determinata tipologia di investitori e per un certo target di mercato», afferma Poggioli che poi completa: «Nell’ambito dei poteri di product intervention è stata introdotta la possibilità sia per l’ESMA, sia per le autorità di vigilanza nazionali, di sospendere la commercializzazione o la vendita di prodotti finanziari in caso di violazione degli obblighi in materia di product governance.
COSTI TRASPARENTI
Rispetto alla vecchia normativa, inoltre, la Mifid II introduce una trasparenza assoluta in materia di
costi e oneri connessi ai servizi di investimento o ai servizi accessori, da indicarsi in maniera aggregata per consentire al cliente di conoscere il costo complessivo e l’impatto sul rendimento, ma con indicazione separata del costo della consulenza.
«In pratica la Mifid II presuppone che il servizio di consulenza sia necessario per il cliente retail, il quale, altrimenti, non potrebbe comprendere le complessità di ciascun prodotto. In questo senso l’intermediario dovrà quindi offrire una consulenza “reale”, indipendente, il cui costo sia analiticamente separato. Anche in questo caso si vuole ovviare alla vendita di prodotti a “cascata”, ovvero la vendita che deriva da una strategia a “monte” dell’intermediario stesso e che non è invece “tailor made” sulle esigenze del cliente finale», precisa Trentino.
Con la MIFID II l’intermediario che presta il servizio di consulenza in materia di investimenti è tenuto a condividere con il cliente le motivazioni che portano a ritenere una determinata scelta di investimento effettivamente rispondente alle sue aspettative.
GLI OBIETTIVI DELLA NORMATIVA
Tutte regole che hanno un unico obiettivo: evitare che si ripetano gli scandali del passato legati alla vendita alla clientela retail “non sofisticata” di prodotti finanziari complessi e ad elevato rischio di perdita, che hanno poi dato luogo a una serie di contenziosi presso i tribunali italiani.
«Con l’indicazione della categoria di investitori per la quale il prodotto è stato creato, sarà più difficile
per un intermediario collocare un pacchetto di investimento non idoneo al cliente finale. Inoltre, i prodotti finanziari stanno diventando sempre più complessi e articolati, tanto che anche per l’intermediario a volte diventa difficile comprenderne pienamente le caratteristiche e di conseguenza calibrare in modo efficace l’offerta per il cliente finale. In tale contesto, il legislatore europeo ha ravvisato la necessità di “aiutare” l’intermediario alla classificazione del prodotto, nell’ottica di garantire una maggiore trasparenza e tutela nei confronti del risparmiatore», chiosa Poggioli.
ARTICOLO TRATTO DA FinRoad MAGAZINE; settembre 2017